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“Rivoluzione Genoa”, a cosa pensano i 777 americani?

La conferenza stampa di presentazione di Sheva

Ora il mondo rossoblù non può che attendere. Attendere gennaio, il tanto misterioso gennaio. Ma sarà, comunque, un’attesa spasmodica, tormentata.

Un’attesa che partirà da dieci punti (a meno che con l’Atalanta accada qualche miracolo). Dieci punti che, anche dopo una ottimistica “rivoluzione”, dovranno diventare almeno 36 o 38 per salvarsi.

Insomma: una situazione, onestamente, delicata, per non dire altro. Purtroppo la grande speranza sull’arrivo di Sheva, dal punto di vista tecnico, è andata, almeno finora, malissimo. Un punto solo da quando è alla guida, col suo sorriso triste, il Grifo. Due soli gol segnati e 13 subiti.

Ma i vertici americani continuano ad essere ottimisti, dicendo che a gennaio avverrà questa famosa “rivoluzione” (termine che ci spaventa molto). A sentire Zangrillo, presidente che dice: “Con Sheva ci seguiamo con affetto vicendevole”, v’è da stropicciarsi gli occhi. Ancora Zangrillo: “La squadra deve adattarsi a lui, lui deve conoscere la squadra”.

Già, ecco il punto: la verità è che Sheva la squadra non la conosce ancora bene (ed è anche logico), a davanti a sé 32 giocatori che lo “scomparso” Preziosi ha messo nel cesto della campagna acquisti ad inizio stagione. E la verità è che il Genoa, proprio per questa abbondanza di elementi (alcuni addirittura sconosciuti) non ha mai avuto finora una “squadra titolare”, cioè un complesso compatto, coeso, con alcuni punti fermi sullo scacchiere tattico.

Ha avuto solo 32 giocatori che si sono alternati in campo, senza un’idea di gioco, ma il tutto legato solo alle motivazioni che raramente (intendiamo queel positive) sono state messe in campo.

Lo frastornato Sheva si sta rendendo conto in quale ginepraio è caduto. E tenta qualche giustificazione che lascia il tempo che trova. Dice: “Manca la fiducia” (ma chi la deve dare questa fiducia ai giocatori?). E ancora: “Paghiamo troppo i nostri errori. Già: ma chi deve strigliare questi atleti, diventati apatici, quasi indifferenti al risultato negativo, dando la sensazione di pensare al lo futuro (dopo sentito parlare di “rivoluzione” a gennaio), piuttosto che agli obiettivi di oggi.

La fortuna di Sheva è l’appoggio incondizionato dei vertici societari, ed è questo l’unico fatto interessante e pieno di speranze che nutrono allenatore, dirigenti e soprattutto i tifosi. Che, guarda caso, non sono mai stati così comprensivi come oggi.

Che cosa stiano veramente pensando i “777” americani non riusciamo a capirlo: se l’ottimismo che emanano è sincero e convinto in un domani felice, o è solo apparente messaggio, avendo loro ben altri obiettivi in questa città (si parla di partecipazioni e investimenti, che piacerebbe loro fare sulle grandi opere del ponente genovese… hanno per questo già parlato con sindaco e con Toti…).

Comunque sia, il loro ottimismo conforta tutto l’ambiente rossoblù e onestamente qualche movimento di taglio europero c’è stato, allenatore europeo (grazie a Galliani e a Berlusconi junior), general manager olandese, Spors, “triade” di vertice che opera a livello internazionale, presidente di alto profilo (grande “rianimatore”).

Attendiamo adesso l’Atalanta che guarda addirittura allo scudetto. Sheva non si scompone e dice: “Dobbiamo fare una partita coraggiosa”.

Lo speriamo. Ci vorrebbe, forse, per il Grifo una dea sì, ma una dea bendata che dia finalmente una manina a questi poveri abbandonati grifoncelli.

Vittorio Sirianni

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