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A quando piste ciclabili degne di questo nome?

In tempi di Covid e restrizioni su autobus, treni e metropolitane. In tempi di code superchilometriche su autostrade al collasso e soste della durata di interminabili ore, con vista TIR, invece che su spiaggia e mare, è tornata di moda la vecchia e sana bicicletta.

Stiamo tutti assistendo alla realizzazione di più o meno strampalate piste ciclabili ma cosa sappiamo in realtà della storia di questo mezzo di trasporto?

Ripercorriamo un po’ di storia che riguarda lo sviluppo e l’influenza sui costumi sociali della bicicletta, mezzo con il quale possiamo spostarci ad una velocità tripla rispetto al camminare, impiegando la metà dell’energia necessaria, a parità di distanza percorsa!

Le prime bici furono brevettate nel 1818, quasi contemporaneamente in Germania dove fu chiamata macchina per correre e in Inghilterra, dove il primo nome fu “hobby horse” ma si dovette aspettare il 1861 e l’ingegno del fabbro parigino Pierre Michaux, per vedervi applicati i pedali e quindi, come lui stesso disse, togliere i piedi dal fango!

Abbiamo visto l’evoluzione di questo mezzo di trasporto, dalle bici con l’enorme ruota anteriore progettata per sviluppare maggiore velocità, prima dell’invenzione del demoltiplicatore, alle bici da guerra, ai tandem, alle splendide bici da corsa.

Stimola la fantasia leggere la storia, ben poco conosciuta, di questo mezzo che ci riporta ai giochi dell’infanzia ed aveva affascinato curiosi del calibro di Leone Tolstoj.

Il grande scrittore racconta infatti così, alla figlia Tatiana, il suo impatto con quel curioso mezzo di trasporto, con cui si esercitava al maneggio di Mosca: “Mi accade una cosa strana: mi basta vedere un ostacolo, per sentirmi irresistibilmente attratto, fino ad andarci contro. E’ il caso di una bella signora, che, come me, sta imparando ad andare in bicicletta; ha un cappello piumato, e appena vedo quelle piume svolazzanti, la mia bicicletta si dirige irresistibilmente verso quella signora. Lei allora comincia a strillare cercando di sfuggirmi ma invano, se non faccio a tempo a mettere un piede a terra non riesco ad evitare lo scontro e la faccio cadere... mi domando se esista una legge fatale per cui le cose che cerchiamo di evitare sono quelle che ci attirano di più!”.

Decidete voi: se è meglio imbattersi in una bella donna, o uomo, andando in bicicletta, piuttosto che con un una macchina o peggio un TIR!

A quando piste ciclabili, non risibili ma adeguate?

Susy De Martini  

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