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Covid inesorabile: Pasqua rossa, economia in rosso

Dino Frambati

Triste replay dello scorso anno e Pasqua senza i tuoi e tantomeno con chi vuoi, come nel 2020. In mezzo la tragedia insopportabile di oltre 100 mila morti e una società al collasso economico.

Sacrifici, mesi e mesi chiusi in casa sperando e credendo che così facendo avremmo recuperato una vita normale, ma invece ci ritroviamo forse anche peggio del 2020.

Una data come Pasqua è un giro di boa, un momento per tirare bilanci. E il nostro appare assolutamente negativo, con la sola, grande speranza che i vaccini facciano il miracolo.

Presente orrendo e futuro per il quale c'è ansia. Senza essere pessimisti, un doveroso realismo induce ad essere preoccupati.

Stiamo piangendo una quantità mai vista di morti e, allargando lo sguardo, temiamo che la strage proseguirà con tanti altri lutti che non potranno forse avere contabilità.

Chi ci lascerà per malattie che, causa Covid, non hanno potuto ricevere adeguate e tempestive terapie; chi soccomberà allo stress ed alle grandi preoccupazioni economiche.

Come giornalista ricevo quotidianamente segnalazioni e indicazioni di situazioni disperate. Ex benestanti, grandi lavoratori autonomi che hanno avuto la colpa di essere titolari di attività, aziende e studi professionali in era virus. Persone che davano lavoro, che producevano ricchezza, devastati e schiacciati da debiti accumulati in un anno e passa di non lavoro.

Cessare attività significa mandare per strada dipendenti, far crollare l'enorme indotto che ruota attorno a negozi, siti commerciali, ristoranti, industria del turismo che producono risorse ma che tengono anche vive le nostre città, le illuminano, rendono belle le strade.

Salute e soldi, stessa “s” iniziale. Certamente primaria la prima ma essenziali alla vita anche i secondi. Due linee che si dovrebbero coniugare ma che, invece, ora sembrano persino in un perverso e fratricida conflitto.

Situazione mai vista di drammaticità davanti alla quale non si può essere ipocriti. Il Covid cambierà il mondo.

Chi decide e pontifica forse non se ne rende conto perché fortunatamente sopravvive al male ed è economicamente coperto da prebende e stipendi garantiti e granitici.

Il resto, la gente comune, è sbigottita ed incerta e in buona parte avviata alla povertà.

Impietosa fotografia della realtà ma vera. E questo è il dovere di chi fa giornalismo.

Alla parte che riguarda economia e lavoro ci portano con drammatica precisione i dati Confartigianato: 1 azienda ligure su 3 rischia di morire finanziariamente. Di non riaprire mai più, con la domanda di che destino avranno imprenditori e dipendenti con serrande abbassate per sempre.

In una nota di Confartigianato si informa che “il 29,3% delle micro e piccole imprese liguri corre il serio rischio di non riuscire a rimanere operativa fino a giugno 2021. Quasi una su tre. È il triste e pesantissimo bilancio degli effetti della pandemia di Covid-19, scoppiata a marzo dello scorso anno, tracciato dall'Ufficio studi di Confartigianato su dati Istat, Mise e Unioncamere. La crisi ha destabilizzato un’ampia quota di realtà imprenditoriali anche a livello nazionale: il 32,4% delle micro e piccole imprese italiane dovrà far fronte a seri rischi operativi e di sostenibilità dell’attività da qui a giugno 2021. L'export è crollato: -15,9% nei primi 9 mesi del 2020 a livello nazionale, -14,5% la dinamica ligure. Ma il principale problema delle imprese è la carenza di liquidità: il 32,8% delle più piccole realtà liguri dichiara di essere in forte difficoltà da questo punto di vista e, secondo le previsioni, tale situazione si protrarrà almeno fino a giugno 2021. Una questione che si riflette poi sulla dinamica occupazionale: nel terzo trimestre 2020 il calo degli occupati è stato dell'1,8% rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre i nuovi rapporti di lavoro avviati in Liguria nei primi nove mesi del 2020 sono diminuiti del 23,9% rispetto a quelli siglati nello stesso periodo del 2019 (è il quarto peggior andamento d'Italia). Per far fronte al problema liquidità, il 23,3% delle realtà liguri ha fatto ricorso alla propria disponibilità di denaro (attingendo, per esempio, ai depositi bancari), mentre il 38% ha richiesto prestiti assistiti da garanzia pubblica. Ma ben il 13,7% non lo ha fatto a causa delle eccessive difficoltà di accesso alla misura”.

Dati per i quali non servono commenti.

“Dovrebbe essere l'anno della ripartenza – dice Giancarlo Grasso, presidente di Confartigianato - ma per ora il 2021 mostra le imprese ancora in forte difficoltà, tra l'imposizione di nuove chiusure,

ristori di certo non risolutivi e una carenza di liquidità senza precedenti”.

“Le nostre imprese non devono essere lasciate sole”, insiste Grasso che assicura: “come Confartigianato, continuiamo a essere sempre al loro fianco per sostenerli e fornire loro tutto il supporto necessario a mantenere viva la loro attività”.

Dino Frambati

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