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Canti, richiami d'autore

Nella particolare cornice dell’Agorà al Teatro della Tosse, ieri è passato il concerto di Ginevra di Marco.

Lei è una voce storica della musica italiana: ha esordito negli anni novanta con Ko de mondo, il disco dei CSI, continuando poi una carriera fortunata che le ha portato diversi riconoscimenti (come il premio Ciampi e il Tenco come miglior artista esordiente). Solista dal 1999, ha avuto modo di intessere diverse collaborazioni artistiche: da Max Gazzè ad uno spettacolo con l’astronoma Margherita Hack.

In questo tour, Ginevra è accompagnata da Francesco Magnelli (ex CCCP e poi CSI) al pianoforte e Andrea Salvatori alle chitarre; assieme presentano il loro ultimo disco: Canti, richiami d’amore.

Lo spettacolo può dirsi diviso in due parti: la prima più emotiva e lenta, comprende dei brani che parlano dell’esperienza umana, scelti tra la tradizione popolare e cantautorale per il loro significato evocativo e morale. Questa è la vera e propria presentazione del disco, ispirato di fatto da un’esperienza live di due anni fa, nella basilica di Santa Croce di Firenze.

Non ci vuole molto però perché l’atmosfera si scaldi. Già dalla quarta canzone qualcuno del pubblico inizia timidamente a battere le mani a tempo, a cantare la strofa del ritornello di una delle canzoni tradizionali della sua regione. Poi il passo è molto breve: senza nemmeno rendersi conto, il pubblico viene del tutto coinvolto in questa atmosfera ancestrale; la gente canta, batte i piedi e le mani, riempiendo completamente il vuoto lasciato dalla batteria che in questo allestimento manca del tutto.

È un’onda emotiva, un percorso che parte dalle canzoni yiddish come Tumbalalaika e arriva a quelle cilene con Gracias a la Vida. Si crea presto un rapporto particolare e giocoso tra musicisti e pubblico che porta gli spettatori a gridare e a pestare i piedi ogni volta che uno degli artisti lascia il palco. È un sogno fatto di spirito e carne da cui nessuno sembra volersi svegliare.

 

Corrado Fizzarotti

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