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Il dovere civile di dedicare una via a Norma

Marco Bucci - Norma Cossetto

Ora sono passati alcuni giorni, abbiamo sedimentato rabbia, passioni e bile e forse si può provare

a ragionare con il cuore e l'anima, la testa e anche le viscere, ma non con la pancia.
E allora proviamo a mettere alcuni punti fermi: inorridisco davanti ai cori dei centri sociali a Macerata ("Com'è bello far le foibe da Trieste in giù"), così come inorridisco di fronte agli spari e alle parole razziste di Traini, così come inorridisco per gli spacciatori di morte, nigeriani o italiani che siano, così come inorridisco di fronte alle apologie o ai negazionismi dello sterminio nazista o ai minimizzatori delle leggi razziali italiane.
E inorridisco anche di fronte alle violenze degli uomini in divisa, tanto più gravi perché in questo modo disonorano nobili divise. Ma, ovviamente, inorridisco anche quando vedo manifestanti sedicenti "antirazzisti" che sputano in faccia a poliziotti e carabinieri o attaccano ragazzi rei solamente di fare al meglio il loro lavoro, figli del popolo spesso contrapposti pasolinianamente a potenziali figli di papà, a volte nemmeno potenziali.
E potrei continuare a lungo con ciò che mi ripugna.
Non amo i fascismi di nessun tipo, neri o rossi che siano, e credo che la nonviolenza sia un valore ghandiano che dovremmo portarci sempre dentro, sempre.
Poi, certo, dire queste cose spesso fa arrabbiare tutti i fascisti e i comunisti, perché non sei di questi e non sei di quelli, non sei di nessuno, apolide di un bipolarismo muscolare che è la rovina di questo Paese.
Ma la lezione del partito radicale, di Marco Pannella, di Enzo Tortora, di Domenico Modugno, di Leonardo Sciascia, di Giovanni Negri, di tanti altri di quella nobile storia, è quella di non fare le cose che convengono, ma quelle giuste.
Kantianamente, "Fa' quel che devi, accada quel che può".
Ma - fatte le premesse ideali e metodologiche - sulle foibe, forse, vale la pena di soffermarsi qualche minuto in più.
Perché quell'oscena canzoncina, esattamente come l'imbrattamento della targa dedicata ai caduti delle foibe a Genova ai giardini Cavagnaro a Staglieno (e non è la prima volta, credo che sia la targa più vandalizzata della città), denunciata per primo da Antonino Sergio Antonino Sergio Gambino, consigliere comunale di Fratelli d'Italia che ha anche le sue "antenne" sul territorio in Vincenzo Apicella e Massimo Spinaci, è frutto di una subcultura di una certa sinistra che non ha ancora metabolizzato il fatto che il maresciallo Tito non fosse propriamente un benefattore dell'umanità e organizza convegni con storici negazionisti, dà spazio a chi minimizza la tragedia delle foibe e vive con fastidio e nel migliore dei casi sufficienza il "Giorno del Ricordo".
Cioè non sono solo quattro matti, è un modo di pensare diffuso.
Poi, fortunatamente, la stragrande maggioranza della sinistra, anche di quella antagonista, non nega la tragedia delle foibe.
Così come sono attenti al ricordo anche i pentastellati, da Luca Pirondini, sempre in prima fila per le cause giuste, ad Alice Salvatore, che è nipote di esuli giuliano-dalmati e sente il problema sulla sua pelle, sulle sue carni, sulle sue ossa.
Insomma, quella per il Ricordo deve essere una battaglia di tutti, esattamente come quella per la Memoria.
La splendida lezione di Simone Cristicchi e il suo "Magazzino 18" con cui ha squarciato i veli sull'ipocrisia e sulla cultura conformista, lui che viene da sinistra, è qualcosa che ogni insegnante - insegnante di vita - dovrebbe far vedere ai suoi ragazzi. E ha la stessa forza dirompente con cui sempre Cristicchi, sul palco più difficile, quello di Sanremo, con "Ti regalerò una rosa" aveva raccontato la vergogna di altri lager, i manicomi psichiatrici prima della legge Basaglia.
Insomma, io che sto agli antipodi rispetto a Casa Pound e ai suoi valori, non posso non condividere la richiesta del più noto esponente del movimento a Genova, che è anche un caro amico con cui non mi stancherò mai di litigare su tutto, che ha scritto al sindaco Marco Bucci per intitolare una via a Norma Cossetto, la studentessa istriana uccisa dai partigiani comunisti jugoslavi nell'ottobre del 1943 presso la foiba di Villa Surani: "Sarebbe giusto e doveroso. Per la sola colpa di essere italiana venne imprigionata e lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri che, infine, la gettarono barbaramente in una foiba. Si fa osservare che a Norma Cossetto la Presidenza della Repubblica ha conferito la Medaglia d'Oro al Valor Civile alla memoria quale luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio. Nel tempo già altri Comuni italiani hanno titolato vie e spazi pubblici a questa fulgida martire italiana. Vogliamo sperare che il Comune di Genova faccia altrettanto".
E non è un caso che proprio Cristicchi abbia scritto la colonna sonora del film dedicato a Norma.
E, forse, a far riflettere la giunta che ha dimostrato di essere così attenta alla toponomastica anche quando non era indispensabile, possono aiutare anche le parole di Licia Cossetto, sorella di Norma: « Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l'abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all'addome [...] Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l'abbiano gettata giù ancora viva. Mentre stavo lì, cercando di ricomporla, una signora si è avvicinata e mi ha detto: "Signorina non le dico il mio nome, ma io quel pomeriggio, dalla mia casa che era vicina alla scuola, dalle imposte socchiuse, ho visto sua sorella legata ad un tavolo e delle belve abusare di lei; alla sera poi ho sentito anche i suoi lamenti: invocava la mamma e chiedeva acqua, ma non ho potuto fare niente, perché avevo paura anch'io".
Esattamente come la lapide dei giardini Cavagnaro a Genova, nei giorni scorsi è stata sfregiata anche una targa in onore di Norma Cossetto a Latina.
Ricordare questa storia, anche con una via, è un dovere morale, un imperativo del cuore.
Per essere meravigliosa, alla Genova di Bucci serve anche la memoria.
E lo stesso appello lo faccio a tutti e quaranta i consiglieri comunali e li cito appositamente tutti perchè nessuno possa dire "non lo sapevo" : ai leghisti, a Lorella Fontana, a Maurizio Amorfini, a Fabio Ariotti, a Federico Bertorello, a Francesca Corso, ad Alessio Piana, a Luca Paolo Remuzzi, a Maria Rosa Rossetti, a Davide Rossi; ai Democratici, a Cristina Lodi, a Mauro Avvenente, a Stefano Bernini, ad Alberto Pandolfo, a Alessandro Terrile, a Claudio Villa; agli arancioni di Vince Genova, a Stefano Costa, a Marta Brusoni, a Carmelo Cassibba, a Simone Ferrero, a Francesco Maresca, a Ubaldo Santi.
E ancora, agli azzurri, a Mario David Mascia, a Stefano Anzalone, a Mario Baroni, a Guido Grillo, a Lilli Lauro. E poi ai pentastellati, a Luca Pirondini, a Fabio Ceraudo, a Stefano Giordano, a Giuseppe Immordino, a Maria Tini; ai consiglieri crivelliani Gianni Crivello, Mariajosè MariaJose Bruccoleri, a Enrico Pignone, a Pietro Salemi; agli esponenti di Fratelli d'Italia Alberto Campanella, Sergio Gambino, Valeriano Vacalebre; a Paolo Putti di Chiamami Genova, a Franco De Benedictis di Noi con l'Italia.
Guardate gli occhi di questa ragazza, amici miei o, comunque, persone che spesso mi capita di stimare.
Guardi gli occhi di questa ragazza, signor sindaco, rilegga le parole di Licia Cossetto.
E poi, lei che ripete spesso di essere "il sindaco di tutti", non avrà dubbi.
Faccia quel che deve, accada quel che può.

La Puntina
Dalla pagina FB di Massimiliano Lussana

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