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Dio ci liberi da burocrazia e vecchia politica

Dino Frambati

Abbiamo governanti locali che hanno dato un esempio di buona gestione di una difficile

emergenza come mai era forse accaduto in Italia; abbiamo chi finanzia l'opera perché Autostrade ha intenzione ed interesse a farlo visto l'accaduto e come l'ha posta davanti a coscienza e opinione pubblica; abbiamo un progetto bellissimo di uno dei più grandi architetti del mondo (ma anche una altra idea targata Cociv che non è male, basta scegliere!); abbiamo una magistratura che, a dispetto dei tempi della Giustizia italiana, sta conducendo un'inchiesta delicata e complessa come poche, più spedita di un treno. Abbiamo una città già viabilmente compromessa e difficile di suo, che sta soffrendo e dove amici di altre località mi dicono che non vengono perché – mi hanno spiegato – temono di perdersi e restare imbottigliati nel traffico; abbiamo un magnifico Porto che però sta perdendo quantità industriale di lavoro causa crollo. Ed una città dove finora, per l'estate e l'inizio scuole con tempo buono, tutto sommato, anche se con parecchie difficoltà il caos non ha vinto. Ma quando arriveranno piogge serie, la vita riprenderà a pieno regime, ci sarà qualche intoppo, incidente o altro, il rischio di delirio pisco-viabile è quanto mai concreto.
In tutto ciò perché non inizia subito il rifacimento del ponte? Su come realizzarlo decida chi è tecnicamente competente e ne ha facoltà. Ed ha dichiarato di essere pronto a decidere.
Quel viadotto, vale la pena di ricordarlo, è un nodo viabile essenziale per il traffico italiano da e per la Francia e dove transitava un incrocio di tutti quattro punti cardinali non da poco. Oltre ad essere una sorta di tangenziale genovese. Tanto che, ma non mettiamo troppi argomenti in discussione, ci sarebbe da chiedersi perché mai, come invece avviene a Milano, Torino, Roma ed altre località, il tratto urbano di collegamento tra più autostrade non debba costituire una parte libera e gratuita di transito.
E allora perché non si iniziano i lavori? Burocrazia? Leggi contorte e cavillose che già di loro bloccano il Bel Paese in tempi normali? Formalità che assurdamente e illogicamente superano i contenuti? Vecchia politica che rallenta la nomina di un commissario che ci sarebbe già ed è chi ha fatto molto bene finora, quando occorreva decidere in tempo reale?
Su quel ponte passa il nostro futuro, il nostro sistema economico in un momento che già, anche se il ponte fosse in piedi, è minato e messo a dura prova da una crisi epocale. Crisi, più che di Pil e spread, di un ceto medio collassato come il Morandi; di una piccola imprenditoria devastata da consumi straridotti e pure da quanto sopra accennato: tasse oltre misura, burocrazia formale ed inutile ma ostativa al lavoro, leggi quanto meno discutibili sulla loro esattezza e consistenza.
Se a casa di ciascuno di noi fosse crollato il soffitto probabilmente avremmo già i muratori a rimetterlo a posto. Lo Stato non è la casa comune e le sue strutture non sono quelle di tutti?
Ed allora smettiamo di guardare questi mesti tronconi e ci si metta al lavoro.

Dino Frambati

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