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Lo Spirito Santo un po’ ci sorprende: Leone XIV è il primo Papa a stelle e strisce

Papa Leone IV (foto dal TG1) Nel riquadro Dino Frambati

Robert Francis Prevost era forse il meno aspettato degli aspettati tra i papabili per salire al soglio pontificio. Successore numero 267 di Pietro e, a differenza dei suoi predecessori, che non ha esordito sul balcone vaticano pronunciando frasi ad effetto speciale o di impatto popolare. Fumata bianca che ferma le lancette dell’orologio alle 18:08 del giorno 8 maggio, Madonna di Pompei.
Il neo Pontefice ha parlato in primis di pace “disarmata”, fratellanza, di ponti, di un Dio che ama tutti e di Cristo che procede con noi tenendoci con la “mano nella mano”.
Ha invitato a essere “senza paura”; ha recitato con i 100mila tra la grande piazza sotto al Cupolone e via della Conciliazione, l’Ave Maria.
Un esordio, insomma, che ha offerto l’impressione di un Papa ecclesiale, molto sacerdote, assai riflessivo e pacato.
Ma saranno poi gli eventi a farci capire chi è davvero il primo Papa targato United States e lo faranno da subito, vista la situazione globale dura e complessa nella quale inizia il suo pontificato il Papa che ha citato due volte Francesco, ma del quale sarà certamente diverso. A partire dai gemelli ai polsi che sono apparsi durante la benedizione. Piccoli particolari, ma anche questi indicativi.
Perché intanto nessun Papa è uguale ad un altro, pur se tutti sono uniti nel segno della Fede. Ma i Papi sono anche uomini, ciascuno con la propria storia, mentalità, cultura ed esperienza di vita.
E poi perché, a dispetto della ritualità di Conclave e Habemus Papam di millenaria memoria, la Chiesa Romana, è capace di essere sempre sé stessa nei secoli ma nel contempo sempre nuova e rinnovata secondo i tempi, punto di riferimento nel mondo in saecula saeculorum.
Io sono credente ma non parlo in quanto tale. Lo faccio piuttosto, come mi compete, da giornalista quale sono e con il dovere di riportare al pari le idee di Fede come quelle laiche e sostengo che quanto sopra lo indica la storia.
E, come ho scritto nel recente editoriale in morte di Francesco, replico e sottolineo che il ritorno alla casa del Padre di Bergoglio ha fermato il mondo tutto come nessun altro evento, al pari dell’elezione a Sommo Pontefice dell’agostiniano nato nel cuore dell’America del Nord, discendente di genia mista americana, francese, spagnola e pure un poco italiana.
Se posso azzardare personalmente vedo Papa Prevost come un mix a metà tra Papa Giovanni Paolo II e Papa Ratzinger. Autorevole, dotto, convinto nella religione e realista.
Mi ha colpito, nella descrizione di sé stesso fatta dall’allora cardinale Prevost prima del Conclave, l’ammissione che esistono momenti di riflessione tra il fatto di formare famiglia, avere figli e la vocazione.
Segno forte di chi non vive in una bolla metafisica ma piuttosto nel mondo reale, che ha ben conosciuto essendo stato missionario in Perù, lingua usata nei suoi saluti ad esaltare questa importante e formativa esperienza di vita vissuta.
L’auspicio di credenti e non credenti e penso persino atei, è che questo papato sia di autorevolezza, capacità di dialogo tra le varie anime inquiete del pianeta, di coagulare attorno ai grandi valori diverse linee di pensiero spesso anche con tentativo di prevaricazione. Di essere sempre punto di riferimento dell’umanità.
Anche perché i valori morali, etici, hanno molta più importanza ed efficacia di quelli di politica, economia, lobby varie e di interessi particolari. La morale e l’etica hanno valore intrinseco ed assoluto; le leggi fatte dall’uomo hanno invece spesso lacune e parzialità che la fanno spesso ingiustizia.

Dino Frambati

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