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Dall’IA alla sensibilità umana, siamo una società insicura

Dino Frambati, giornalista

 

“Soluzioni totali e definitive non ce sono, però ci si può avvicinare alla risoluzione facendo in modo che il passo con cui si incrementano le certezze sia più veloce di quello con cui si alimentano le incertezze. Ciò che resta in mezzo potrà essere mitigato da una cultura della vulnerabilità”.

Parole di Andrea Pirni, professore ordinario di Sociologia Fenomeni Politici, e sintesi perfetta di un confronto di alto livello tra scienziati, che si è svolto presso la ex Borsa di Genova su temi vibranti della società civile contemporanea, tra certezze e insicurezze, timore di vulnerabilità, quali le risposte che può dare a tutto ciò l’intelligenza artificiale.

Argomenti di portata tale da essere forse distonici dalla media nazionale di cultura e capacità di riflessione, che invece hanno trovato nella ex Sala delle Grida idee e spunti di riflessione assai interessanti e propagabili a tutti. 

Siamo sicuri o viviamo nel rischio? Cosa ci insidia? Quali le eventuali tutele?

Domande e risposte di pertinenza dei saggi della materia che in parte sono arrivate dal convegno.

“Per una cultura della vulnerabilità - afferma Pirni - siamo nella congiuntura in cui abbiamo più certezze e nello stesso tempo più incertezze. Siamo al sicuro e a rischio, in mezzo abbiamo una condizione di vulnerabilità”.

E il docente specifica: certezze scientifiche e incertezze scientifiche. “Sappiamo cosa può fare l’intelligenza artificiale in termini positivi; non sappiamo che rischi possa produrre come termini negativi”.

Cita le fake news, forse più insidiose di quello che immaginiamo e che potrebbero in teoria provocare collisioni aeree, attacchi cyber ed altri danni che occorre tenere presente.

“La ricerca scientifica continua il suo lavoro di produzione di conoscenza - incalza il docente - nel frattempo c’è molto lavoro da fare sulla cultura della vulnerabilità. Occorre avere consapevolezza che produciamo quotidianamente moltissimi dati su di noi, e che questi possono essere utilizzati per proporci beni o servizi ma anche per orientarci in scelte non solo di acquisto. Fino a votare in una certa direzione, avere cognizione di un certo fenomeno”.

Il docente di Sociologia indica tre linee sulle quali si agisce: la prima aggregare le competenze interne all’Ateneo sui rischi di vulnerabilità, favorendo un approccio interdisciplinare di 13 dei 22 dipartimenti dell’Università genovese.

Quindi, fa sapere Pirni, “cerchiamo di favorire la ricomposizione tra scienza e società. Rendere comprensibile non solo il risultato della ricerca ma anche il modo in cui la ricerca scientifica lavora”.

Infine riconnettere ciò che la scienza fa in qualcosa di specifico, illustra il professore: “ciò che la società richiede; articolazioni diversificate dai rischi e ciò che la politica è deputata ad amministrare. La scienza si occupa del rischio specifico. Le singole persone hanno una propria configurazione, articolazione”. 

Mentre Marco Invernizzi, professore di Sistemi elettrici per l’energia, presidente dell’advisor board del Centro sicurezza rischio e vulnerabilità dell’Università di Genova, spiega come l’oggetto degli studi e dell’attenzione spazi dalla sicurezza del territorio, (esempio frane e alluvioni), alla sicurezza meno visibile ma altrettanto essenziale di dati intesi come aspetti riguardanti la cybersecurity. Quindi, altro tema tanto sensibile quanto primario, è quello della sicurezza delle persone, in senso sociale. Primeggiano in questo la sicurezza sul lavoro e violenza di genere.

“Sono le maggiori insidie di carattere sociale - afferma il docente - ma su violenza di genere e sicurezza sul lavoro siamo assuefatti, in quanto purtroppo assistiamo ogni giorno a episodi di questo tipo, mentre ai disastri sul territorio come alluvioni e simili lo siamo meno; accade ogni tanto e quindi fa più rumore. Dati che mettono in evidenza che quanto fatto finora è insufficiente”.

L’idea del convegno, sostiene lo scienziato, è convocare le parti in causa e trovare soluzioni, “che si trovano esponendo i vari punti di vista”.

Rimedi e ricette per contrastare i fenomeni sono, per Invernizzi, far cambiare mentalità alle persone.

“Le regole servono ma occorre cambiare mentalità a partire dai giovani - dichiara il professore - occorre insegnare questi concetti dalle elementari: educazione all’uguaglianza di genere e sulla sicurezza tante esercitazioni nelle scuole. Si fanno tante esercitazioni antincendio, sarebbe opportuno insegnare pure come si lavora in sicurezza. Anche chi lavora alla scrivania se si alza e sale su una scala può cadere. La sicurezza è anche addestramento a comportamenti adeguati”.

“Sul lavoro – insiste Invernizzi – si è separato costi degli appalti con quelli per la sicurezza, perché sulla sicurezza non si fanno sconti; la quota sicurezza non può essere ribassata. E attenzione anche al tempo, sempre più soprattutto in questa situazione. Con il Pnrr si cerca di fare in fretta. I lavori devono essere invece fatti non riducendo troppo i tempi”.

 

Dino Frambati

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