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Ma Grillo e' meglio di Curcio

Beppe Grillo - Renato Curcio

Dobbiamo ammetterlo, sia pure con la morte nel cuore: non siamo maturi per la democrazia.

Siamo un popolo di arrabbiati perché vorremmo cambiare l'Italia (e adesso anche l'Europa) poi ci accorgiamo che non cambia niente. Che si cerca di andare al potere non per spirito di servizio ma per gonfiare il proprio conto in banca.

Non c'è un partito che possa meritare i consensi. I politici sono tutti uguali. Una mangiatoia generale, in tutte le istituzioni. E una corruzione infinita, senza mazzette non si fa niente.

Beppe Grillo è arrivato ad avere dieci milioni di proseliti perché urla quello che tutti gli italiani vogliono sentire: via tutti, tutti a casa. Certo stupisce, specie gli osservatori italiani, che a dirlo sia un comico. Un personaggio abituato a recitare un copione scritto da altri. Un ragioniere diplomato in una scuola non statale. Non certo un mostro di cultura. Certo un uomo intelligente. E un cabarettista che sa strappare l'applauso. Magari vincerà davvero le Europee. Sento tante persone che preferiscono votare per un comico piuttosto che un politico. Questo modo di fare politica ha nauseato tutti.

Uno stato d'animo così c'era già stato negli anni '70 perché i favolosi anni 60 erano finiti presto e il boom economico era già lontano nel tempo. Allora la rivolta era nata nelle università, tra gli intellettuali. Nel mio liceo, il Mazzini di Sampierdarena, era spuntato Gianfranco Faina, compagno di tante passeggiate in via Cantore e di altrettante partite a pallone sul campo del Don Bosco. Poi era spuntato Enrico Fenzi. E tutti si ispiravano a Renato Curcio, che indottrinava i giovani dell'università di Trento. E nell'Ateneo di Padova insegnava un professore come Toni Negri.

Quegli intellettuali che volevano cambiare il sistema, conclusero che c'era un solo sistema: prendere il mitra. Il terrorismo fece tanti morti, ma non cambiò certo l'Italia.

Poi arrivò il ruspante Umberto Bossi che voleva ridurre l'Italia alla Padania e dichiarava guerra a Roma Ladrona. Ma il senatur che aveva rilanciato il look della canottiera creò un Cerchio magico (di cui faceva parte anche il genovese Francesco Belsito, l'uomo che sussurrava alle lauree) leghisti sicuramente duri ma non certo puri. E la Lega ormai vive di ricordi.

A raccogliere l'eredità degli scontenti è arrivato un altro genovese, Beppe Grillo (un tempo Giuse). A mio avviso rappresenta un innegabile progresso. Non invita a imbroccare il mitra. Si limita al cabaret. Lasciamo quindi che vada a governare l'Italia e a cambiare l'Europa.

Era partito dicendo che sarebbe andato oltre Adolf Hitler, ha finito assicurando che è l'erede di Enrico Berlinguer. E' il leader (a 5 stelle) che ci meritiamo.

Elio Domeniconi

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