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Una lezione per i giovani

Remo Benzi

Nella quiete di Castelspina Remo Benzi, il Comandante, ha modo di sfogliare l'album dei suoi ricordi.

Rivede la sua vita come in un flash-back. Rilegge i documenti che ha gelosamente conservato. E poi butta giù le sue considerazioni. Da queste considerazioni nascono i suoi libri.
In questi giorni sta ultimando il terzo libro (sarà prossimamente nelle librerie a cura della De Ferrari Editore) della sua storia. L'ha chiamato "I giorni dell'identità" (tante storie, una vita) perché questa è la sua conclusione sul momento storico che stiamo vivendo. Un momento fatto di incertezze, di paure. Ma la vita ha insegnato a Remo Benzi che bisogna sempre essere ottimisti, guai a lasciarsi prendere dallo sconforto. Bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno.
Il messaggio finale è la conseguenza diretta della sua vita. Aveva iniziato come fattorino nella ditta Odone. E' arrivato a essere il Comandante della Polizia Municipale di Genova, quel corpo al quale aveva sempre sognato di appartenere. E quando nel 1962 vinse il primo concorso e gli venne consegnata la divisa, avrebbe potuto ritenersi soddisfatto. Invece lo ritenne solo il trampolino di lancio. Riprese a studiare, conscio che il "pezzo di carta" serve sempre nella vita. Prima il diploma di geometra. Poi le due lauree: in Scienze Politiche a Genova e in Giurisprudenza a Pavia.
Con i suoi racconti il dottor Benzi insegna che nella vita non bisogna mai fermarsi, che con lo spirito di sacrificio si può arrivare in alto anche se non si ha la fortuna di nascere in una delle grandi famiglie.
Certo i ragazzi che hanno vissuto la guerra, che hanno sentito il fischio delle bombe, hanno affrontato la vita con una tenacia (diciamo pure una rabbia) quelli che sono nati in pieno boom economico, che hanno avuto l'auto a 18 anni, che sono andati in vacanza nei posti alla moda, che hanno potuto vestirsi con la griffe del momento.
Ai tempi di Remo Benzi si poteva essere contenti anche sul Muretto di Certosa, la Costa Smeralda non esisteva ancora, e Dolce e Gabbana erano di là da venire. Ma i veri uomini avevano insegnato ai figli la coerenza. E nel 1956 suo padre Romolo aveva restituito la tessera del PCI perché i fatti d'Ungheria gli avevano aperto gli occhi.
Un episodio, della sua vita, mi è rimasto impresso. Se sento parlare in tedesco, mi vengono ancora i brividi. Non riesco a sopportare nemmeno Angela Merkel. Benzi fece uno scherzo a un ragazzino che era in ospedale. Sua madre voleva che il parrucchiere gli desse una spuntatina. Benzi "tradusse" che doveva essere rapato a zero. Uno scherzo innocente, goliardico, rispetto a quello che i tedeschi avevano fatto a noi, dopo la caduta di Mussolini, quando da alleati si erano trasformati in nemici. Io ero a Castelfiorentino, Benzi qualche chilometro più in là, a Certaldo, la patria di messer Boccaccio.
Sono sincero: vedo il bicchiere mezzo vuoto, non vorrei essere nei panni dei giovani d'oggi. Ma spero con tutto il cuore che abbia ragione Remo Benzi. Perché altrimenti dovremmo chiederci: perché abbiamo fatto tanti sacrifici per costruire questa Italia, che non era quella che avevamo sognato alla caduta del fascismo. L'Italia nata dalla Resistenza. L'Italia che ci aveva fatto credere in un'Italia migliore.

Elio Domeniconi

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