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Lo scandalo del finto scandalo sul D'Oria

Massimiliano Lussana

Da alcuni giorni i social (e i giornali) sono pieni di un'assurda polemica sul liceo D'Oria "cattivo",

"classista", "vergognoso" e"diseducativo".
E confesso che, all'inizio, leggendo l'articolo di "Repubblica" che sollevava il caso, pure io sono trasecolato.
C'era la scuola romana che si vantava di non avere "figli di portieri" fra i propri iscritti, quell'altra milanese che evidenziava il reddito delle famiglie e la provenienza dei propri studenti da quartieri "bene" come un indicatore dei buoni risultati didattici che avrebbero ottenuto i loro studenti, quella che esultava per non avere figli di immigrati e tantomeno ragazzi provenienti da famiglie nomadi, garanzia di omogeneità culturale, lasciapassare di migliori risultati da giocarsi in vista dell'università. Oppure che non c'erano ragazzi disabili nelle classi, come se fosse un marchio d'infamia.
Insomma, difficile non indignarsi di fronte al racconto di una scuola d'eccellenza che spiegava di essere d'eccellenza grazie al censo o alla toponomastica del Tuttocittà.
E allora tutti a indignarsi, a fare le facce arrabbiate su Facebook, a viralizzare quegli articoli e a esercitarsi nel censurare quella vergogna in cui era coinvolto anche il "D'Oria", cioè l'immagine storica della borghesia cittadina, il serbatoio della classe dirigente genovese. Magari con un processo postumo ai prof Edoardo Sanguineti e Giuseppe Siri o agli ex allievi Paolo Villaggio e Gian Luigi Rondi, Bruno Lauzi e Luigi Tenco, Massimo D'Alema e Domenico Fisichella, Duccio Garrone ed Enrico Ghezzi, Paolo Fresco e Marco Sciaccaluga e Paolo Emilio Taviani e Alfredo Biondi e tanti altri che hanno fatto la storia di Genova e d'Italia.
Insomma, la situazione ideale per metterci su un bel processo mediatico, con tutti gli indignati speciali e i poeti del politicamente corretto schierati in prima fila a gridare "Vergogna! Vergogna! Crucifige! Crucifige!". E mi spiace perché alcuni di quelli che si sono indignati così tanto li stimo sinceramente ed è gente che crede in ciò che fa, con cui si può dissentire, ma che in genere sono comunque onesti intellettualmente, nella lettura dei dati di partenza.
Si è scomodata pure la ministra Fedeli promettendo il pugno duro nei confronti di chi ha sbagliato, mandando gli ispettori dell'Invalsi ad indagare nella scuola genovese. Magari può portare anche i poliziotti, visto che sono vicini alla questura.
Poi, però sono arrivati anche dei post sacrosanti a difesa del D'Oria di Simone Regazzoni, che ha raccontato che lui viene dalla Valbisagno e al ginnasio incriminato ha trovato strumenti e passione per eccellere nello studio, e Antonio Oppicelli, che ha portato altre esperienze personali e di amici.
Per carità, non l'avessero mai detto: Regazzoni è sì del Pd, ma è un "fascista piddino!", uno che osa contestare l'ortodossia e che pensa che occorra guardare avanti, anziché indietro, pensa che occorra rompere gli schemi e addirittura ha voluto alla presentazione del suo libro Edoardo Garrone ed Anna Pettene, rispettivamente figlio e nuora del Duccio di cui sopra, e quindi ecco la prova del complotto.
E Oppicelli è "fascista!" e basta, visto che è addirittura capolista al Senato di Fratelli d'Italia. Ergo: difende il D'Oria proprio in quanto fascista, sillogismo semplice semplice. Insomma, la tempesta perfetta.
Però. Però poi se vai a leggerti bene la storia, gli atti e non l'articolo e le giaculatorie delle vestali del politicamente corretto, vedi che la storia è molto diversa.
E cioè che certe frasi, oggettivamente sbagliate, nascevano semplicemente dai moduli del Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, cioè erano semplicemente risposte, fotografie.
Ci sono studenti nomadi o disabili? Sì, no. Punto. Com'è la composizione sociale delle classi? Così e così. Punto.
Poi, certo è meglio se il preside non ci aggiunge con orgoglio che "non ci sono figli di portieri" come è capitato a Roma.
Ma se il Ministero fa una domanda, è giusto che la scuola risponda.
E soprattutto la risposta va letta tutta, compresa la parte in cui la preside dice che la scarsità di studenti stranieri è anche un limite e non solo un eventuale vantaggio didattico.
E' una fotografia, nulla di più, nulla di meno.
E allora, forse, la malizia è nella mente di chi legge, più che in quella di chi scrive.
Soprattutto, perchè basta essere entrati una volta al D'Oria negli ultimi tempi per capire che la dirigente Mariaurelia Viotti è l'esatto contrario di una prof classista, anzi. Disponibile ed aperta con tutti è l'esempio della passione applicata alla scuola, della disponibilità al dialogo e al confronto con tutti.
L'hanno descritta come un mostro, ed è effettivamente un mostro: di ascolto e di capacità di rapportarsi con le famiglie, con i prof, con gli studenti, con il suo personale, una di quelle che riconcilia con la scuola.
E ne potrei citare tantissimi, con cui ho a che fare ogni giorno e che dimostrano che la scuola italiana funziona grazie a questi professori, umiliati da ogni governo, che hanno fortunatamente strappato ora un rinnovo contrattuale, ma che continuano imperterriti con la loro passione e il loro cuore.
Non faccio i nomi solo perché ho tre figli che vanno a scuola, da sempre e orgogliosamente tutte rigorosamente pubbliche, e non voglio passare per "lecchino". Ma mi piange il cuore e non fare quei nomi di eroi civili quotidiani e non smetterò mai di ringraziarli per tutto ciò che fanno ogni giorno. Altro che classismo.
Loro lo sanno, spero che si riconoscano leggendo e li ringrazio per la passione, il cuore e l'anima che ci mettono. Persone speciali, uniche.
E per valutare il D'Oria, anziché indignarsi sul nulla, forse varrebbe la pena di leggersi le attività degli ultimi anni: il fatto che sia stata l'unica scuola ligure ad ospitare la mostra sull'eredità di Falcone e Borsellino, attraversando metaforicamente quei 57 giorni in cui "chi non ha paura muore una volta sola"; ad aver organizzato un progetto e uno spettacolo teatrale "Legalità è cosa nostra", insieme alle Agende Rosse, che non sono certo un'associazione reazionaria; ad aver ricordato Enzo Tortora a scuola con Francesca Scopelliti e le lettere dal carcere del presentatore alla sua compagna, quasi un Socrate 2.0, dando un nuovo senso alla cicuta e alla battaglia contro la giustizia ingiusta, ma anche alla capacità e alla forza di difendersi nei processi e non dai processi; ad avere ospitato Ivano Fossati a parlare della bellezza della curiosità; ad avere avviato una collaborazione sulla Bellezza tout court con il Fondo per l'Ambiente Italiano; ad avere portato i ragazzi in Sicilia in gita nelle tenute di "Libera" sequestrate alla mafia... E potrei continuare per pagine. Forse, l'inchiostro sarebbe meglio riservarlo per raccontare queste storie. Forse, la sua passione la ministra Fedeli potrebbe usarla più proficuamente per azzeccare qualche congiuntivo in più.

La Puntina di Massimiliano Lussana. 

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