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Il mistero di Matteo Rosso

Matteo Rosso

La posizione del consigliere regionale Matteo Rosso resta un mistero. Il "Secolo XIX" ha annunciato la sua uscita

da Forza Italia. E l'intenzione di presentarsi alle Regionali con una lista civica di appoggio al candidato della Lega Edoardo Rixi. La notizia sembrava sicura in quanto Rosso era andato con l'amico Rixi ad accogliere il segretario federale Matteo Salvini.

Ma a Genova3000.it risulta che ad oggi il dottor Rosso non abbia inviato alcuna lettera di dimissioni da Forza Italia. Continua a lavorare nel gruppo di Forza Italia. E ancora stamani ha mandato ai giornali un suo comunicato sulla sanità, tramite Maria Grazia Frijia, che lavora per il gruppo di Forza Italia.
Certo prendere posizioni contro il vertice attuale del partito (Sandro Biasotti, tanto per essere chiari) gli è costato grande sofferenza. Perché da tanti anni Forza Italia era casa sua. Da quando vi aveva aderito sulla spinta del mitico Eolo Parodi, che l'aveva allevato nella vecchia Democrazia Cristiana. Due mandati in Comune e due in Regione e questo perché ha sempre detto che il Parlamento non gli interessa, vuole restare al Genova, al primo posto mette la famiglia (moglie e tre figli).
I primi problemi sono cominciati quando Biasotti ha annunciato in un'intervista al "Corriere Mercantile" che non avrebbe ricandidato Matteo Rosso avendo già svolto due mandati. Ma Rosso aveva ricevuto subito rassicurazioni da Roma: la regola dei due mandati non esiste, figuriamoci se non ripresentiamo uno che ha preso 6.400 preferenze.
In seguito Biasotti era tornato alla carica raccontando che Rosso non poteva essere ricandidato perché aveva mancato di rispetto al partito in occasione delle votazioni per la città metropolitana. Ma Rosso per la città metropolitana non aveva nemmeno votato, i consiglieri erano esclusi.
Il gossip raccontava: Biasotti vuole eliminare Rosso, perché solo così potrebbe sperare di entrare in Regione la sua pupilla Lilli Lauro. Sin qui Matteo Rosso era dalla parte della ragione. E' passato dalla parte del torto quando ha organizzato la famosa spedizione ad Arcore per dire a Berlusconi che Biasotti non doveva più rimanere alla guida del partito, l'incarico doveva passare all'avvocato Roberto Cassinelli. Biasotti ovviamente l'aveva saputo subito ed aveva gridato alla congiura. I vari partecipanti, che credevano di partecipare a una visita di routine al Leader si sono giustificati dicendo: mi ha telefonato Rosso.
A questo punto Rosso ha capito che il vincitore era Biasotti e ha cominciato a cercarsi un'altra sistemazione. Ma con quello che sta succedendo nella Lega non è più sicuro che gli convenga.

Elio Domeniconi

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