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Le donne vanno difese sempre

Anna Pettene

Ieri si è celebrata la Giornata mondiale della violenza sulle donne. Convegni, spot, campagne di sensibilizzazione,

concerti, mostre fotografiche etc etc...
Non basta!
Il 25 novembre deve essere tutto l'anno perché ogni due o tre giorni, in Italia, secondo gli ultimi dati ISTAT,una moglie, una fidanzata, una compagna, un'amante vengono uccise dal proprio uomo.
Il problema è che queste storie culminano in eventi tragici anche perché la prevenzione, il monitoraggio, il lavoro in rete tra operatori del terzo settore mostrano ancora punti di estrema debolezza.
Mancano i soldi prima di tutto!
Sono troppo poche le case di prima accoglienza che ospitano nel momento dell'emergenza la donna ( e figli minori) salvandoli dal proprio carnefice.
Come pure analoga considerazione vale per le case rifugio ad indirizzo segreto dove la donna ( e i figli minori) si nascondono e cancellano definitivamente la propria identità per iniziare a vivere diversamente lontani da percosse, umiliazioni, maltrattamenti e in assenza di terrore.
Oggi durante il convegno tenutosi a Genova a Palazzo Tursi è stato precisato da più voci che il problema risorse economiche condiziona negativamente le politiche sociali relative alle donne vittime di violenza da parte degli uomini.
È un momento in cui evidentemente la maggior parte degli investimenti pubblici,materiali ed emotivi ,vengono riservati all'accoglienza dei profughi e rifugiati che scappano dalla guerra ma non altrettanto a madri, mogli, compagne( la maggior parte cittadine italiane) che non riescono a porre fine alla persecuzione dentro le mura domestiche.
Paralizzanti sono la paura e la sfiducia nelle istituzioni e negli operatori.
Nella Regione Liguria nei primi 6 mesi dell'anno in corso sono state più di 2000 le donne che hanno contattato i centri anti violenza, i Pronto Soccorso e le Forze dell'ordine, ma di queste solo 1000 sono rimaste "agganciate" a un percorso di uscita dalla violenza.
Le altre 1000 si sono disperse.
Sono tornate a casa, a prendersi altri schiaffi,calci e pugni,ad offrirsi facile preda di un persecutore che sostiene di amarle, alcune addirittura a far finta di niente e a pensare che forse non capiterà più.
Fino a quando ritorneranno al Pronto Soccorso fingendo di essere cadute, di aver sbattuto contro una porta, di essere scivolate rovinosamente sotto la doccia.
Un'omertà dovuta al terrore che il proprio uomo lo venga a sapere o alla sfiducia che comunque caratterizza spesso il rapporto che si ha con le associazioni che orbitano attorno al mondo delle relazioni di aiuto.
Un pianeta che per fortuna c'è e opera attivamente su tutto il territorio nazionale ma che è polverizzato in realtà microscopiche e spesso deboli e neppure adeguatamente formate.
Occorre infatti oltre al lavoro di rete, una solidissima preparazione e formazione per gestire un'emergenza che ha a che fare con tematiche sociali, politiche, psicologiche e culturali.
Un'efficace strategia dovrebbe infatti partire dal cambiamento di linguaggio, insistendo in questa iniziativa "culturale "fin dalle scuole secondarie.
Un superamento di stereotipi pericolosi che legittimano la violenza agita, subita e assistita.
L'uomo forte e potente che agisce violenza.
La donna debole e fragile che subisce e spesso di violenza perisce.
L'uno che ha quasi il genetico diritto di maltrattare.
L'altra che ha il dovere naturale di sopportare in silenzio.
L'uno e l'altra che diventano complici di questo amore malato, avvinghiati in una pericolosa relazione disfunzionale,generatrice di un sistema familiare mostruoso.
È opportuno e doveroso sensibilizzare i giovani sul ruolo della donna e dell'uomo.
Nulla di precostituito, nulla di convenzionalmente attribuito ma rispettoso dei diritti fondamentali della persona nella sua individualità e nella coppia.
Occorre arginare i vissuti deprivati infantili/ adolescenziali che nell'uomo adulto approdano spesso verso manifestazioni aggressive,violente e in alcuni casi mortifere.
Come pure intercettare le istanze salvifiche della donna che tende a sacrificarsi alla causa del martirio per amore.
L'uomo può comprendere che la fragilità dell'anima è un punto di forza che aiuta a esplorare mondi invisibili di emozioni e umanità.
La donna può accompagnare l'uomo in questo viaggio essendo più abile e capace a diffondere una cultura di amore e rispetto.
Percorsi di cultura e cura condotti su entrambi i fronti.
Vittima e carnefice.
Si capisce allora come sia indispensabile una rete fitta e attiva di professionisti seri e particolarmente illuminati.
C'è tanto da fare.
Prima di tutto salvare le donne dalla violenza e restituire ad esse opportunità.
Una nuova vita.
Mi piace chiudere con pochi passi tratti dalla poesia " Il matrimonio" di Gibran:
"Datevi il cuore
ma l’uno non sia rifugio all’altra
perché soltanto la mano della Vita
può contenere i vostri cuori.
E state insieme, ma non troppo vicini
poiché le colonne del tempio
sono distanziate e la quercia
e il cipresso non crescono
l’una all’ombra dell’altro".

Anna Pettene

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