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Perche' sono pessimista

Dino Frambati

Le cronache economiche e politiche di questi giorni mi sembrano surreali. Costretto, per professione,

a leggere ogni giorno diversi giornali, ascoltare giornali radio e telegiornali oltre che a sopportare varie trasmissioni televisive, sento narrare di situazioni ed eventi che, affacciandomi alla finestra o muovendomi a Genova e per l'Italia, mi paiono di un altro mondo. Politici, colleghi giornalisti, tecnici e professori non abitano qua; hanno altro indirizzo, forse in un altro mondo. “C'è ripresa”, ascolto e leggo sui media; “recessione e crisi finite, salgono gli occupati e gli assunti”. Parole che sono in parte pure smentite dai dati. Ed annunci sul futuro che dovranno essere verificati nei fatti: “a Natale ci sarà la corsa agli acquisti,”. Ma, come detto, girando per strada e muovendomi tra Italia e talvolta estero, vedo una realtà tutta diversa. Negozi chiusi, capannoni industriali che stanno arrugginendo, strade semi vuote e si trova persino parcheggio. Un amico, gestore di un impianto di carburante su una delle più trafficate autostrade nostrane, mi ha confessato come dai 12 milioni di litri di carburante venduti cinque- sei anni fa, lo scorso anno e questo non abbia raggiunto i 5. Incontro persone a decine ogni giorno e mi narrano di figli pluri laureati a casa e senza lavoro che pure cercano in ogni dove ed a qualunque condizione, mentre è aumentata del 120 ed oltre per cento la quantità di “cervelli” giovani emigrati all'estero. Ho relazioni con industriali che hanno chiuso fabbriche persino da 300 dipendenti, come piccole aziende da 40, ma anche da venti o pure in numero minore. Con me si sfogano giornalisti in contratto di solidarietà, cassa integrazione e persino licenziati quando il giornalismo è l'unico loro lavoro. Come mi chiedono consigli free-lance che si facevano uno stipendio collaborando a testate che non esistono più. Mi telefonano con voce incrinata dal pianto amici liberi professionisti che si sono venduti barca, auto e stanno vendendo casa perché da benestanti stanno diventando poveri e mi assicurano di capire chi si è suicidato per debiti. Come commercianti che non hanno più nulla, prosciugati dalla crisi e che battono meno scontrini che la dita di una mano in una settimana, mentre mi chiedono di scrivere di loro anche amici pensionati che, dopo 40 e passa anni di lavoro, vivono, marito e moglie, con 800 euro al mese. Il ceto medio è stato distrutto da demagogia, cattiva gestione dell'economia e da una sorta di crociata contro chi lavora e produce. Sui motivi ci sarebbe da scrivere un trattato sociologico. C'è stata una mutazione “genetica” della società avvenuta in una manciata di anni. E da cronista mi domando: ma qual'è la realtà? Di che scrivo? Dell'Italia mediatico- televisiva- politica o quella della gente che si accomoda ogni giorno nel mio ufficio impoverita, destabilizzata e persino disperata? Mentre cerco una risposta il più aderente possibile alla realtà, mi indigno e schiumo di rabbia a pensare all'indecenza di parassiti di Stato con due- tre pensioni per decine di migliaia di euro dopo aver “politicato” così male da aver ridotto l'Italia a cotanta situazione. Di tecnici, professori e burocratici improduttivi e spesso dannosi ma comunque remunerati con alti stipendi; di colleghi giornalisti strapagati per fare non cronaca ma politica ed il cui merito “number one” è di essere schierati e fare i crociati di una parte, convinti nell'animo o più verosimilmente nel portafoglio, che dalla loro ci stia verità assoluta e giustizia perfetta, con avversari tutti in male fede o ignoranti. Triste Italia davvero, dove tale vertice mediatico-politico- burocratico rischia di trasformarci in Terzo Mondo, facendocene accorgere quando sarà forse troppo tardi. La realtà è che, come i grandi statisti di una volta, i politici attuali dovrebbero fare politica nel senso più reale del termine, dando ampio spazio agli italiani. Operai, media- piccola borghesia, gente comune, geniale e vogliosa di lavorare per avere benessere e potersi permettere una vita decente. E potremmo scrivere a lungo (magari lo faremo in altro editoriale) per indicare quali iniziative concrete e di buon senso sarebbero necessarie per non uccidere economicamente il nostro splendido Paese in questo momento difficile, tra crisi e terrorismo, ulteriore elemento socialmente devastante. Diciamo soltanto che se le idee geniali di chi governa per creare un'Italia solida economicamente sono quelle di far pagare giornali e caffè con carta di credito...ahimè, c'è davvero da allarmarsi e la speranza è una flebile fiammella.

Dino Frambati
(vice-presidente Ordine Giornalisti)

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