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C’era una volta il festival…

Il teatro Ariston

Il Festival di Sanremo continua a suscitare polemiche, sotto questo aspetto nulla di nuovo sotto il sole.

E' sempre stato così. Ma Sanremo è Sanremo, come insegnava Pippo Baudo. E non ho mai capito il disprezzo di certi intellettuali da strapazzo che lo considerano diseducativo. Ancor oggi sento di gente che piuttosto che seguire il Festival su Rai Uno preferiscono sintonizzarsi su Telenord e godersi i pistolotti di Paolo Lingua (personalmente preferisco Franca Lai).

Sanremo è seguito anche perché rappresenta uno spaccato dell'Italia. E Sanremo è cambiato perché è cambiata l'Italia. Una volta era veramente il Festival della Canzone. E l'indomani tutti strimpellavano i ritornelli delle canzoni che avevano avuto più successo all'Ariston. Poi per anni è stato impossibile cantare la canzone vincitrice per il semplice fatto che non era una canzone.

Ho seguito tanti Festival, per "Il Lavoro" e anche per "Oggi", e ci andavo sempre volentieri anche se era una faticaccia. Per "Oggi" c'era la difficoltà di scoprire notizie inedite perché quello che avveniva sul palcoscenico, l'avevano visto tutti, oppure ci si doveva assicurare un memoriale in esclusiva. Per "Il Lavoro" si lavorava senza soste, al massimo si poteva dormire quattro ore per notte. Al mattino, lettura dei giornali e conferenze stampa. Poi si cominciava a scrivere, anche perché entro le 20, quando il Festival non era ancora iniziato, dovevo aver telefonato un'intera pagina. Per le notizie di giornata, calato il sipario, poche righe in prima pagina.

Le notizie, o meglio il gossip, si andava a cercarle nei vari ristoranti dove cenavano i cantanti. Rintracciare i cantanti negli alberghi era più difficile, perché alcuni si rifugiavano sino a Bordighera. Ricordo Gianni Morandi quando ci presentava almeno cinque volte al giorno la sua fidanzata dell'epoca, Serena Grandi, alla quale voleva fare un po' di pubblicità (non aveva ancora girato il film con Tinto Brass). Con Morandi ero grande amico perché a Milano gli facevo fare spesso le pagelle sul Bologna sul "Guerin sportivo" (una volta era stato troppo pungente e per diversi mesi evitò di andare allo stadio per non prendersi le invettive dei tifosi). Quando si esibiva a Genova veniva sempre in redazione a fare il Filo diretto con i lettori. E veniva sempre anche Claudio Villa, che mi raccontava le avventure in moto con la giovane moglie. Il Reuccio aveva anche un suo fan club a Sampierdarena.

Naturalmente avevamo un occhio di riguardo per i genovesi, Dai Ricchi e Poveri ai Matia Bazar, Cassano era il figlio del macellaio di Boccadasse. Oggi i giornalisti seguono il festival dalla sala stampa, davanti al televisore (e al computer). Un tempo avevamo a nostra disposizione le ultime file dell'Ariston, potevamo muoverci anche in platea. Al centro c'era sempre la signora Caterina Repetti, la mitica Rina. Prima di trasferirsi a Sanremo gli amici della Rai andavano a pranzo da lei e le lasciavano i biglietti. Alfredo Biondi veniva solo per la serata finale, con la moglie Giovanna. E aveva diritto a un posto in prima fila perché rappresentava il Governo. Una volta venne anche Gustavo Gamalero per premiare Beppe Grillo a nome della Regione. Feci finta di essere il suo segretario, mi infilai con lui e potei gustarmi il dietro le quinte.

Dei Festival che ho seguito io, ricordo tre esordienti che mi colpirono (non ero presente all'esordio di Vasco Rossi che per altro finì ultimo): Eros Ramazzotti, Fiorella Mannoia e Amedeo Minghi. Si capiva subito che avevano qualcosa di speciale. Ma per i giudizi tecnici sulle canzoni pendevamo tutti dalle labbra di Mario Luzzato Fegiz del Corriere della sera. Molto ascoltata anche Marinella Venegoni de "La Stampa", oggi sindaco di Crescentino. Accanto a lei il marito, il genovese Mimmo Candito (ex "Lavoro"). Faceva l'inviato di guerra, ma nel periodo del Festival prendeva le ferie e seguiva la consorte a Sanremo. Dopo tante sparatorie sentiva il bisogno di un po' di relax con le canzoni. Perché Sanremo è Sanremo.

 

di Elio Domeniconi

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