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Spettacoli

Brecht al Teatro Modena

Super User 07 Febbraio 2020 1070 Visite

Immaginando una società totalmente orfana di valori in cui regnino solo cinismo, violenza ed opportunismo, come potrebbe sopravvivere la bontà nel cuore degli uomini?

E’ questo l’interrogativo etico che permea L’anima buona del Sezuan, ritenuta fra le realizzazioni più complete e mature di Bertolt Brecht. Un’opera che, va ricordato, venne composta fra il 1938 e il 1940, anni in cui il grande intellettuale visse da esule fra Finlandia e Danimarca, guardando con lucida nostalgia alla sua Germania, piombata nell’abisso nazista. Anche per questo il geniale drammaturgo scelse di ambientare la pièce in un lontano e misterioso oriente, eliminando riferimenti temporali specifici per darle un respiro fiabesco e apologetico che potesse renderla atemporale ed universale.

Elena Bucci e Marco Sgrosso, attori e registi fondatori della compagnia Le belle Bandiere, hanno deciso di confrontarsi con questo capolavoro del ‘900, in scena al Teatro Gustavo Modena dal 13 al 15 febbraio, seguendo la lezione del loro maestro Leo de Berardinis a cui dedicano lo spettacolo.

Tre divinità pigre e alquanto pasticcione, vagano sulla Terra in cerca di un’anima buona per dimostrare che il mondo non è del tutto marcio ed evitare così il faticoso compito di cambiarlo. Giunti nella capitale del Sezuan, chiedono un rifugio per la notte all’acquaiolo imbroglione Wang. Soltanto Shen-Tè, una povera prostituta dal cuore d’oro è pronta ad accoglierli. La generosità della giovane la rende presto bersaglio di uomini violenti, di ladri e parassiti che occupano la sua umile dimora. Per non soccombere la buona Shen-Tè si sdoppia travestendosi da uomo (il cugino Shui Ta), scaltro e severo, che inizia a sistemare le cose cacciando a malo modo tutti gli intrusi.
In questa fiaba agrodolce, lo sguardo profetico di Brecht immette questioni politiche e interrogativi etici, riflessioni sul libero arbitrio e sull’eterna lotta fra il bene e il male: Bucci e Sgrosso vi innestano l’uso di candide maschere ispirate alla Commedia dell’arte e di palchetti di scena che di volta in volta diventano palafitte, rifugi, paesi e stage dove lasciarsi andare in vertiginose danze.
Ne L’anima buona del Sezuan le domande più urgenti oggi come allora non trovano una risposta. Dall’atemporalità della fiaba però emerge e si fa largo una verità che viene pronunciata da un volto nudo, privo della maschera: di anime pure e di bellezza c’è e ci sarà sempre bisogno.

Lo spettacolo debutta al Teatro Gustavo Modena giovedì 13 febbraio alle ore 19.30. Le altre recite sono previste venerdì 24 e sabato 25 gennaio alle ore 20.30.

L’anima buona del Sezuan di Bertolt Brecht con Elena Bucci, Marco Sgrosso, Maurizio Cardillo, Andrea De Luca, Nicoletta Fabbri, Federico Manfredi, Francesca Pica, Valerio Pietrovita, Marta Pizzigallo

Scene e maschere Stefano Perocco di Meduna

Luci Loredana Oddone

Musiche originali dal vivo Christian Ravaglioli

Adattamento e regia Elena Bucci e Marco Sgrosso

Produzione Centro Teatrale Bresciano, Emilia Romagna Teatro Fondazione

Glauco Mauri fa “I Fratelli Karmazov”

Super User 07 Febbraio 2020 1071 Visite

Così come oggi ci appassioniamo per le serie tv, in Russia tra il 1879 e il 1880 tutti aspettavano spasmodicamente le nuove puntate de I fratelli Karamazov, pubblicate su “Il messaggero russo”. Concluso a pochi mesi dalla scomparsa del suo autore, il romanzo di Fëdor Dostoevskij è oggi considerato uno dei grandi capolavori della letteratura europea, trasposto sia in teatro che al cinema in innumerevoli versioni. Lo spettacolo I fratelli Karamazov presentato al Teatro della Corte da martedì 11 a domenica 16 febbraio dalla Compagnia Mauri Sturno, in coproduzione con il Teatro della Toscana, si basa su un nuovo adattamento, frutto di un intenso lavoro di smontaggio e rimontaggio dei capitoli fondamentali del romanzo, ad opera dallo stesso Glauco Mauri e del regista Matteo Tarasco.

Dostoevskij per i suoi romanzi traeva spunto dalle cronache del tempo ma anche dalle proprie traumatiche esperienze familiari. I fratelli Karamazov è costruito attorno ai complessi rapporti di una famiglia, devastata da litigi, violenze e incomprensioni così drammatiche da arrivare a un parricidio. Dietro una trama apparentemente da libro giallo, svela il conflitto tra la fede e un mondo senza dio, conducendoci in uno straordinario viaggio nei massimi problemi etici.

Glauco Mauri, fuoriclasse del nostro teatro, a 22 anni aveva ottenuto un grande successo personale interpretando il ruolo del fratellastro-servo Smerdjakov nell’allestimento diretto da André Barsacq, a fianco di attori leggendari come Memo Benassi, Lilla Brignone ed Enrico Maria Salerno. Oggi, alle soglie dei 90 anni, si cala nei panni di Fëdor Pavlovic Karamazov, il vecchio padre dissoluto e senza scrupoli. Roberto Sturno, da sempre sodale di Mauri, dà voce e corpo a Ivàn Karamazov, il più intellettuale e tormentato dei fratelli. Sul palco insieme a loro Paolo Lorimer (lo Starec Zosima), Laurence Mazzoni (Dmitrij Karamazov), Pavel Zelinskiy (Alekséj Karamazov), Gabriele Anagni (Smerdjakov), Maria Chiara Centorami (Katerina Ivanova) e Viviana Altieri (Grušen’ka).

Biglietti da 12 a 27 euro. Inizio spettacoli ore 20.30, giovedì ore 19.30, domenica ore 16.

dal 11 al 16 febbraio 2020 Teatro della Corte, Genova

I fratelli Karamazov di Fëdor Dostoevskij | regia Matteo Tarasco

con Glauco Mauri, Roberto Sturno e con Paolo Lorimer, Pavel Zelinskiy, Gabriele Anagni, Laurence Mazzoni, Maria Grazia Centorami, Viviana Altieri

scene Francesco Ghisu | costumi Chiara Aversano

musiche Giovanni Zappalorto | luci Alberto Biondi

produzione Compagnia Mauri Sturno, Teatro della Toscana

Barzellette alla Corte

Super User 05 Febbraio 2020 2035 Visite

Le barzellette di Ascanio Celestini fanno ridere, certo; alcune fanno ridere a crepapelle. Aspettatevi pure i doppi sensi e le parolacce. La gente lo sa: e così lo spettacolo “Barzellette”, al teatro della Corte fino a giovedì 6 febbraio, fa sempre il tutto esaurito. Ma, come spesso accade a teatro, non c’è un solo livello di lettura. Barzellette è un titolo fuorviante. E’ vero che questo spettacolo ne è pieno, ma è anche evidente che ne sono solo una parte. Anche stavolta se vuoi ti fermi alla risata: oppure guardi quello che c’è dietro, quello che c’è sotto. Ascanio Celestini in scena ripete più volte una frase che serve proprio a far capire che il suo spettacolo è più profondo rispetto a una semplice raccolta di storielle divertenti: “Loro hanno una destinazione. Che non è proprio un destino, ma qualcosa di molto simile”. Non sono concetti da La sai l’ultima
La storia è semplice, apparentemente. C’è un capotreno. Dice di essere “nel ramo ferroviario”. Con le barzellette racconta la sua vita, il suo lavoro, gli incontri che ha fatto, le storie che ha raccolto in tutta una esistenza sui binari: storie che descrivono la gente e per estensione l’umanità intera. Nella penombra, defilato, c’è un uomo che invece è “nel ramo funerario”: aspetta un cliente di riguardo, un morto eccellente. Il capotreno ha un altro interlocutore, il capostazione. Non è fisicamente in scena, ma è sempre presente nei racconti del protagonista: una presenza immanente. Lo scenario è una stazione terminale: quelle piccole, con un binario solo, dove il treno arriva la sera e riparte la mattina dopo in direzione contraria.
Poi scopri che forse il capotreno è già morto, e che forse il necroforo deve seppellire proprio lui. A questo punto pensi che il capostazione (e cioè colui che ha assunto il capotreno, dandogli quindi la sua identità) forse è Dio: per questo è sempre presente, ma non appare mai. Per questo è il custode della destinazione, e quindi del destino, dei suoi viaggiatori. E probabilmente la stazione terminale è la metafora neanche tanto nascosta della morte, e il viaggio pieno di barzellette e momenti tristi è la metafora della vita. Un quadro Beckettiano, che più Beckettiano non si può. Lo spettacolo di Ascanio Celestini è moderno, anzi, contemporaneo. Le scene sono ben costruite. La musica suonata dal vivo sul palco aggiunge spessore e colore alle barzellette e al monologo che le circonda. Parola, luci e musica sono armonizzate egregiamente dalla regia e trascinano lo spettatore per tutta l’ora e mezza della rappresentazione.
Questo raccontare barzellette è un parlare di vita. Sotto la superficie della storiella ingenua o maliziosa si riesce a intravedere un senso più profondo, quasi inquietante. Celestini inizia con calma, presentando varie immagini di umanità, in una panoramica di quello che passa per le stazioni e i treni. Storie buffe iniziano a concatenarsi, si ride. Poi lentamente emerge una domanda che ha molto del filosofico: “Chi siamo noi?”. La risposta si costruisce: siamo l’insieme di queste identità, siamo i personaggi di queste storielle da poco, siamo qualcosa che fa ridere.  Le barzellette hanno quasi l’aspetto di storie zen, che dicono una cosa semplice, quasi assurda, che cela un significato più profondo sui modi in cui i vari personaggi vivono la vita, le opportunità, le difficoltà.  Ma non c’è solo questo. Questo spettacolo finisce per costruirsi come immagine della vita, con i suoi momenti leggeri e con quelli pesanti. Perché non ci sono solo storie divertenti nella panoramica di Ascanio Celestini. Il monologo è strutturato come una specie di Uno-Due dove, tra le varie facezie sono inserite ad hoc storie vere, riferimenti a fatti di cronaca, ad altre cose che il pubblico conosce. Il contrasto colpisce allo stomaco, le storie della realtà sembrano più assurde di quelle esagerate, costruite e raccontate per far ridere. I due estremi sono così distanti che quasi si toccano, ma non frizionano uno sull’altro. Si passa dal ridere con trasporto al riflettere con l’amaro in bocca, senza soluzione di continuità, fluidamente… e, alla fine, è così che funziona la vita.

Corrado Fizzarotti

Paolo Fizzarotti

Bucci a teatro per la Baistrocchi

Super User 02 Febbraio 2020 1231 Visite

Gran pienone al Politeama Genovese per la messa in scena dello spettacolo "Baciami... stupido" della Baistrocchi.
Il sindaco Bucci con la consorte Laura Sansebastiano non ha voluto mancare alla prima della compagnia teatrale più longeva d'Italia (107 anni), capitanata da Edoardo Quistelli.
Lo si è visto immortalato in foto su Facebook a braccetto con l'assessore leghista Paola Bordilli e con Cristina Scarfogliero, consigliere di Forza Italia del Municipio Media Val Bisagno.

Purcell e Britten nel Foyer

Super User 01 Febbraio 2020 894 Visite

C’è chi dice che i più grandi compositori inglesi di tutti i tempi siano due: Henry Purcell (1659-1695) e Benjamin Britten (1913-1976). Di sicuro, il secondo si è sempre voluto confrontare a distanza con il primo. Studiandolo, analizzandolo e, soprattutto, arrangiandolo e trascrivendolo. Questo dialogo a due voci, tutto in inglese, è al centro di Purcell, il compositore che incantò Britten, il concerto n. 11 del ciclo “Domenica in musica”, domenica 2 febbraio, nel Primo Foyer del Teatro Carlo Felice, alle ore 11.

Il programma della matinée è diviso in due parti. La prima è dedicata alle musiche originali del grande compositore barocco inglese: “Music for a While” da Edipo, “My dearest, my fairest” da Pausanias the Betrayer, “If Music be the Food of Love” e “When I am Laid (Dido’s Lament)” da Dido and Aeneas. Mentre la seconda propone arrangiamenti britteniani di partiture originali di Purcell: “I Spy Celia”, “How Blest are Sheperds” da King Arthur e “Sound the Trumpet”.

Ad eseguire il raffinato programma, un ensemble di cantanti e strumentisti tutti in forza al Teatro Carlo Felice: Dania Palma (soprano), Patrizia Battaglia (contralto), Salvatore Gaias (tenore), Matteo Armanino (baritono), Andrea Gabriele De Venuto (viola da gamba), Francesco Lambertini (clavicembalo) e Patrizia Priarone (pianoforte). Al concerto partecipa il musicologo Massimo Arduino, che nelle pause tra un brano e l’altro leggerà la traduzione dei testi cantati e approfondirà il rapporto tra Britten e Purcell.

Ingresso: € 8 (intero), € 6 (ridotto under 26). Orari di biglietteria: martedì-venerdì dalle 11:00 alle 18:00, sabato dalle 11:00 alle 16:00 e un’ora prima dello spettacolo. Apertura domenicale in occasione del ciclo “Domenica in musica”: ore 10:30-11:15.

Barzellette alla stazione

Super User 31 Gennaio 2020 956 Visite

Le stazioni sono posti di frontiera, di incontri fugaci, di contatti e di contaminazione. E’ in un luogo come questo, una piccola stazione terminale, che Ascanio Celestini ambienta il suo nuovo spettacolo BARZELLETTE tratto dal suo omonimo libro, con le musiche dal vivo di Gianluca Casadei, in scena da martedì 4 febbraio al Teatro della Corte.

Il titolo non deve ingannare troppo: il pluripremiato autore, esponente di spicco del teatro di narrazione, racconta le barzellette ma tra le pieghe della pièce si sente in filigrana quella sottile malinconia che scandisce la vita degli ultimi, protagonisti di tanti suoi lavori di successo come i recenti “Laika” e “Pueblo”.

«Calvino diceva che le fiabe sono vere. Ma sono scritte, sono letteratura. Anche le barzellette sono vere, parlano di noi, ma sono storte, si tramandano a voce. – Queste le parole di Ascanio Celestini che aggiunge - Le barzellette sono come treni: viaggiano perché qualcuno le racconta e le fa girare, descrivono popoli e mestieri».

Muovendo da questa convinzione l’autore si è cucito addosso il ruolo di un singolare capotreno pronto a raccogliere le tante storie buffe lasciate dalla fiumana quotidiana dei pendolari.

Fra un turno e l’altro egli parla con il becchino del paese mentre aspettano un emigrante arricchitosi all’estero che sta tornando al paese per farsi seppellire.

Nell’attesa il ferroviere racconta le barzellette “ereditate” da migliaia di viaggiatori e gioca a fare un po’ il filosofo e l’antropologo, appassionato osservatore di categorie umane. Il talento narrativo di Ascanio Celestini alterna sapientemente momenti di pura improvvisazione a storielle esilaranti, dissacranti, scorrettissime, in un gioco totalmente privo di moralismi e censure: così fra una risata e una riflessione, nel viaggio senza rotta della vita, un brogliaccio di barzellette diviene passe-partout per l’esplorazione della nostra esistenza. Raccontando e ascoltando barzellette diventiamo pescatori nell’inconscio e attraverso l’ironia riusciamo a sorridere di tutto, soprattutto di noi stessi, innescando una comprensione più profonda del mondo.

BARZELLETTE resta in scena al Teatro della Corte fino a giovedì 6 febbraio. Inizio spettacoli ore 20.30, giovedì ore 19.30.

Mercoledì 5 febbraio alle ore 18, presso la Feltrinelli Libri e Musica (via Ceccardi, Genova) avrà luogo un incontro con Ascanio Celestini. Interverrà Massimo Milella. Ingresso libero.

Da martedì 4 a giovedì 6 febbraio 2020 Teatro della Corte

BARZELLETTE

di e con Ascanio Celestini e con la musica dal vivo di Gianluca Casadei

regia Ascanio Celestini

Sabato, Famiglie a teatro

Super User 30 Gennaio 2020 823 Visite

La Rassegna per famiglie Sabato a teatro prosegue sabato 1 febbraio alle ore 16 alla Sala Mercato dove va in scena Voglio la luna, spettacolo adatto per bambini dai 3 anni, che ha ottenuto l’ambito premio Eolo Awards 2013 come miglior progetto educativo per il teatro ragazzi.
Fabio, interpretato da un giovane attore che ha la sindrome di Down, ci racconta la sua vita piena di giochi, sempre sospesa fra realtà e fantasia e spruzzata da una tenera comicità. Una notte d’improvviso si sveglia e, come per magia, si ritrova davanti la luna: è bellissima, grande, luminosa, incantevole e Fabio decide che vuole averla tutta per sé. Capirà presto che ci sono cose che appartengono a tutti e con un piccolo gesto magico condividerà lo splendore della luna con il pubblico dei bambini.La storia poetica ed onirica è accompagnata dalla narrazione, dal suono live di una fisarmonica e da scene di teatro di figura con pupazzi e ombre.  «Questo spettacolo nasce dall’incontro con Fabio – raccontano Simone Guerro e Lucia Palozzi, ideatori e registi dello spettacolo - Fabio ha uno sguardo aperto al mondo come quello dei più piccoli e la capacità di credere che se si vuole davvero qualcosa, sia possibile ottenerla. Ha lavorato da vero attore, con serietà e precisione, creando un personaggio unico, la cui simpatia è pari solo alla poeticità, donando a una storia “normale” la fragile e incomprensibile bellezza della vita». VOGLIO LA LUNA sarà preceduto alle ore 15 da un laboratorio curato dall’eco-negozio La Formica e incentrato sul gioco con i vestiti e la fantasia per metterci nei panni degli altri. Il laboratorio è incluso nel prezzo del biglietto ma è obbligatoria la prenotazione al numero 010 5342 720.La Rassegna Sabato a Teatro, curata da Giorgio Scaramuzzino e prodotta dal Teatro Nazionale di Genova con il sostegno di COOP Liguria e la collaborazione della rivista Andersen e dell’Eco-Negozio La Formica prosegue fino a metà marzo alternando spettacoli di produzione ad ospitalità delle migliori compagnie del settore.I biglietti per tutti gli spettacoli (bambini 6 euro, adulti 8 euro) sono disponibili presso tutte le biglietterie del Teatro Nazionale di Genova e online su happyticket.it e vivaticket.it. Tutte le info su teatronazionalegenova.it 

SABATO A TEATRO

1 febbraio 2020 ore 16 | Sala Mercato

VOGLIO LA LUNA

con Fabio Spadoni, Simone Guerro e Silvia Barchiesi

ideazione e regia Simone Guerro e Lucia Palozzi

La stella Bessonov al Carlo Felice

Super User 29 Gennaio 2020 1233 Visite

Un incontro straordinario, quello che avverrà sul palcoscenico del Teatro Carlo Felice venerdì 31 gennaio alle ore 20, nell’ottavo concerto della Stagione Sinfonica 2019/20, interamente dedicato alla musica di Čajkovskij. Sul podio, a dirigere l’Orchestra del Teatro Carlo Felice, il decano dei direttori d’orchestra russi, Vladimir Fedoseev, nato nel 1932 a S. Pietroburgo (quando ancora si chiamava Leningrado). E al pianoforte, come solista, il suo concittadino Ivan Bessonov, fenomeno della tastiera che, non ancora diciottenne, sta conquistando le platee di tutto il mondo e spopolando su youtube. Due musicisti distanti tre generazioni, ma appartenenti alla stessa tradizione, quella della grande scuola musicale russa che ha i suoi centri di formazione nei Conservatori di Mosca e S. Pietroburgo. E che a Genova si ritrovano uniti nel nome di Čajkovskij, compositore fondamentale sia per Fedoseev, che ne ha inciso le opere complete, che per il giovane Bessonov, che tra i suoi cavalli di battaglia ha il primo concerto composto da Čajkovskij per pianoforte e orchestra, l’op. 23 in si bemolle minore.

Apre il concerto proprio questa pagina famosissima, completata nel 1874, il cui tema introduttivo, trionfale e appassionato, è tra i più popolari dell’intero repertorio classico. Si tratta, infatti, di una composizione nota e amata anche da chi non è appassionato di musica sinfonica, grazie alle sue melodie facili da memorizzare e alla spettacolarità della parte pianistica. Una capacità di presa sull’uditorio che il cinema e la pubblicità hanno sfruttato ampiamente, contribuendo alla diffusione, tra tutti i tipi di pubblico, di questo caposaldo del repertorio per pianoforte e orchestra.

Nella seconda parte del concerto, la Sinfonia n. 4 in fa minore op. 36, composta nel 1877 seguendo una traccia letteraria incentrata sul dominio incontrastabile del fato sulle vicende umane (un soggetto caro a Čajkovskij). La sinfonia, scritta in uno stato di forte coinvolgimento emotivo, è dedicata a Madame von Meck, mecenate di Čajkovskij e ammiratrice della sua musica al limite dell’esaltazione.

Il concerto fa parte del ciclo “Vi presento il Maestro”, un’iniziativa del Progetto Educational del Teatro Carlo Felice grazie alla quale gli studenti possono incontrare i direttori e i solisti prima di assistere alla prova generale. Venerdì mattina, per conoscere da vicino Fedoseev e Bessonov e poi ascoltarli esibirsi, è prevista in teatro la presenza di quasi 500 studenti delle scuole medie inferiori provenienti da tutta la regione.         

Teatro Carlo Felice
Venerdì 31 gennaio 2020 – ore 20.00
Stagione Sinfonica 2019/20
Concerto n. 8

Direttore: Vladimir Fedoseev

Pianoforte: Ivan Bessonov

Orchestra del Teatro Carlo Felice

Mare Faber e Trallallero Levantin

Super User 28 Gennaio 2020 1173 Visite

Perché scrivere (o comprare) un nuovo libro su Fabrizio de André quando ce ne sono già ben 170 in circolazione? Questa è la prima domanda a cui risponde, preventivamente, Guido Festinese, autore di “Mare Faber: le storie di Crêuza de mä”, il volumetto che è stato presentato a l’Amico Ritrovato, vivace libreria in cima a Via Luccoli.

È una sera d’inverno genovese, a fine gennaio. Il nome di “Faber” richiama sempre l’attenzione della comunità genovese e, infatti, la saletta al centro della libreria è talmente piena di persone che si aggiungono sedie. Dietro a tutto questo, però, c’è quasi un equivoco: la risposta alla domanda preliminare potrebbe essere infatti che questo non è l’ennesimo libro sulla figura di Fabrizio de André, questo è un libro su un disco solo: Crêuza de mä.

Guido Festinese è un noto critico musicale, docente di storia ed estetiche delle musiche afroamericane, consulente musicale per Radiotre e per il Comune di Genova, ex-direttore della rivista World Music Magazine. Nell’ambiente è noto per la sua grande cultura (anche fuori dall’ambito strettamente musicale) e per la capacità di investire il proprio uditorio con quelli che lui stesso chiama ironicamente “monologhi stordenti”, dove passa saccadicamente da un aneddoto all’altro, tratteggiando complessi affreschi di storia della musica. Questo è ciò che ha fatto alla presentazione del suo libro, muovendosi da Aulo Gellio a Mauro Pagani, passando per suggestioni di dialetto sardo e per le Cantigas de Santa Maria di Alfonso Decimo, re di Castiglia nella seconda metà del milleduecento.

Questa grande versatilità si trova in “Mare Faber”, un’opera che ripercorre la storia di quello che è uno dei dischi più iconici del cantautorato genovese e che il regista Wim Wenders ha definito “l’album più bello nella storia moderna della musica”. Festinese mette in luce la profonda complessità delle cose, come ogni storia ne possa contenere altre e come questa cosa sia particolarmente vera per quelle opere che siamo soliti chiamare “classici” o “capolavori”.

Leggendo questo libro, edito da  Galata Edizioni, si scoprono in continuazione cose nuove e inimmaginabili come, per esempio, che la copertina di Crêuza de mä è una foto di Jay Maisel, autore dell’iconica copertina di un altro album fondamentale della storia della musica: Kind of Blue di Miles Davis. Oppure si apprende che, nonostante venga considerato il disco più rappresentativo della canzone in genovese, Crêuza de mä non avrebbe dovuto nemmeno essere inciso in genovese, bensì in arabo o in una qualche altra lingua franca del mediterraneo. Questo e altri aneddoti si trovano in quello che è senz’altro un approfondimento di alto livello, gestito con una grande e benefica disinvoltura e corredato di bibliografia. Non qualcosa di generico e ordinario, quindi, bensì qualcosa sopra le righe e sopra le sterile celebrazione, qualcosa in cui perdersi.

Infine va detto, che alla presentazione del 28 gennaio erano presenti anche alcuni elementi dell’Orchestra Bailam e dei Canterini Genovesi che presentavano a loro volta il loro ultimo disco [Trallallero Levantin] e che hanno dialogato in musica con Festinese, riempendo animi e sala di una commuovente leggerezza in dialetto.

 

Corrado Fizzarotti

Antigone di Sofocle

Super User 28 Gennaio 2020 1385 Visite

Antigone di Sofocle è un Classico con la “C” maiuscola. Qualcosa che, nonostante sia vecchio di quasi 2500 anni, colpisce ancora nel vivo la nostra sensibilità di occidentali moderni.

Proprio per questo motivo, metterlo in scena si potrebbe definire contemporaneamente una scelta facile e difficile.
La versione con la regia di Laura Sicignano ha debuttato sul palcoscenico della Corte la sera del 28 gennaio ed è stata premiata da un notevole entusiasmo di pubblico. La sala era piena, come si addice alla prima di un testo che, bene o male, tutti conoscono. I temi di quest’opera sono quanto mai attuali: il rapporto tra la legge dello stato e la legge morale, tra l’ordine costruito dagli uomini e quello che viene prima di loro, l’incomprensibile ordine degli dei.

Antigone è la figlia di Edipo, lo sventurato protagonista di un’altra tetralogia sofoclea, e in questo dramma si batte per ottenere una degna sepoltura per suo fratello Polinice, morto assediando Tebe, la città in cui si svolge l’azione. Le si contrappone Creonte, zio della ragazza e legittimo sovrano, che nel nome delle leggi degli uomini non intende tributare una degna sepoltura ad un nemico. Da una parte troviamo un principio antico, intimo, di pietà interiore; dall’altra vediamo invece la forza delle leggi e del principio di autorità. La domanda si formula facilmente e brucia in tutta la sua attualità: “fino a che punto è giusto disobbedire ad una legge ingiusta?”

In questa messinscena la contrapposizione tra Antigone e Creonte è nettamente caratterizzata e non lascia spazio a tentennamenti di prospettiva. Il sovrano interpretato da Sebastiano Lo Monaco è una figura istrionica, enorme, arrogante, rigida in alcuni momenti ed estremamente dinamica in altri. Barbara Moselli invece ci mostra un’Antigone carica di quella femminilità ancestrale così vicina ad alcune corde della tragedia greca e, contemporaneamente modernissima, fiera e disperata allo stesso tempo. In questa versione, la tragedia di Sofocle assume una connotazione quasi politica e perde un po’ della duplicità drammatica che sarebbe presente nel suo impianto originale, dove la contrapposizione tra i due protagonisti è uno scontro tra modi di intendere il mondo, senza buoni e cattivi. In ogni caso, la possibilità di contenere più di un messaggio sta proprio nella grandezza dei classici e, questa versione di Laura Sicignano resta comunque qualcosa di esteticamente enorme.

La scenografia e la regia sono decisamente presenti e “parlanti” all’interno della rappresentazione. Il setting ricreato da Guido Fiorato è qualcosa di senza tempo ma non astratto. I personaggi si muovono su una scena fatta di rigide strutture di legno, sotto ad una specie di piramide composta da tre travi di acciaio arrugginito. Gli ambienti rispondono all’azione e donano il giusto controcanto agi eventi, aprendosi, chiudendosi, crollando sulla sabbia che realmente ricopre il palco e viene utilizzata dinamicamente dagli attori. Si tratta di una narrazione dinamica e per immagini che si integra perfettamente al testo recitato, aiutata da due elementi decisamente caratteristici: l’uso intelligente delle luci da parte di Gaetano La Mela e, soprattutto, dalle musiche originali, che sono eseguite dal vivo da Edmondo Romano, in disparte sul palcoscenico ma comunque ben visibile dal pubblico.

In conclusione, quella in scena alla Corte fino al 2 febbraio è una rappresentazione notevole, che dimostra come si può rendere un testo moderno senza per forza stravolgerlo, coniugando significati moderni ad uno spirito dionisiaco e antico, invocato diverse volte anche nel testo.

Corrado Fizzarotti

La macchina del fango alla Corte

Super User 26 Gennaio 2020 815 Visite

Tutto esaurito al teatro della Corte per “L’onore perduto di Katharina Blum”, tratto dal romanzo di Heinrich Boll: due ore e 15 di atto unico, che scorrono via in un lampo anche grazie alla regia incalzante di Franco Però e a una scenografia essenziale, basata sui cambi di luce (palco quasi in bianco e nero) e sugli incastri degli arredi e degli ambienti. A fare da trait d’union è lei, Katharina Blum: governante domestica che mette in scena il dramma di una vita ordinaria, scandita agli orari di lavoro e dai meccanismi consolatori di una vita da single. Una vita spazzata via dalle calunnie e dalla maldicenza: una macchina del fango costruita al solo fine di vendere qualche copia in più di giornale, senza preoccuparsi delle conseguenze per la vittima.

Per raccontare la sua storia, Boll sceglie la via del giallo: che poi si tramuta in denuncia sociologica. Katharina Blum, dopo un’infanzia difficile e il divorzio da un marito violento e prevaricatore, si trasferisce a Colonia e inizia a lavorare in casa dei coniugi Trude e Hubert Blorna. Vanno in scena una cura maniacale della pulizia e dell’ordine, un’organizzazione teutonica del lavoro e della vita, che servono evidentemente ad anestetizzare e neutralizzare le ansie e le paure esistenziali. La costante è quella di una difesa del suo libero arbitrio femminile, della sua libertà sessuale, della sua volontà di concedersi o meno. Una difesa che non conosce cedimenti, anche a costo della rinuncia.

La manovra riesce così bene che Katharina sembra serena e realizzata: non felice, perchè la felicità non serve. Poi una sera, dopo sei anni di clausura, la ragazza va a ballare: ed è l’inizio della fine.

Alla festa Katharina conosce Ludwig Götten, un rapinatore di banca sospettato di terrorismo e ricercato dalla polizia. E’ il 1974, periodo di anni di piombo anche in Germania: e questo alimenta la psicosi del “pericolo rosso”. Ma Katharina di questo non sa nulla. Tra i due giovani scocca l’amore a prima vista, e la ragazza aiuta Ludwig a scappare. La ragazza viene interrogata dalla polizia come persona informata dei fatti: e tale resta fino a quando interviene Werner Totges, giornalista di un tabloid locale. Tötges scandaglia in profondità la vita di Katharina, contattando tutti i suoi amici e familiari, incluso l'ex marito. Manipolando e distorcendo le informazioni raccolte, trasforma Katharina prima in una complice del bandito e poi in una vera e propria estremista.

La vita di Katharina è sconvolta: la ragazza riceve minacce e offese, i suoi conoscenti vengono emarginati, il suo onore viene definitivamente compromesso. La polizia e lo Stato non la tutelano attivamente. Dapprima disperata, poi lucida nel suo isolamento, Katharina Blum si vendica uccidendo il giornalista Tötges: che aveva tentato un approccio sessuale con lei, rivelandosi non migliore dei comportamenti che aveva stigmatizzato nei suoi articoli. Ottima l’interpretazione di Elena Radonicich nel ruolo di Katharina e di Peppino Mazzotta (quello che interpreta Fazio nella fiction Montalbano) nel ruolo dell’avvocato Hubert Blorna, innamorato della ragazza ma troppo rispettoso della sua essenza di donna e dei suoi sentimenti per tentare di comprometterla.

Paolo Fizzarotti

Antigone alla Corte

Super User 25 Gennaio 2020 767 Visite

Da martedì 28 gennaio alle ore 20.30 sul palcoscenico del Teatro della Corte debutta ANTIGONE di Sofocle, con Sebastiano Lo Monaco e Barbara Moselli diretti da Laura Sicignano che ha scelto di metterla in scena in uno spazio astratto e visionario che richiama macerie di palazzi sventrati ed evoca scenari mediorientali di guerra, tecnologia e miseria.Andata in scena per la prima volta oltre 2000 anni fa, la storia della sventurata ed eroica figlia di Edipo è diventata una delle più significative e paradigmatiche di tutta la cultura occidentale: una di quelle figure che trascendono il loro autore e divengono patrimonio universale che passa, in forme sempre nuove, da una generazione all'altra.Una tragedia di rara potenza quella firmata dal grande drammaturgo dell’Atene classica che con forza profetica ci mette davanti a questioni di bruciante attualità come l’eterna lotta fra potere assoluto e potere della ragione, fra legge e giustizia. Antigone è la prima figura femminile che ha il coraggio di contrastare le leggi dello Stato, rappresentate dall’arroganza del sovrano Creonte, diventando simbolo di ribellione solitaria contro il dominio di ogni tiranno e guadagnando la forza dell’atemporalità.A conferma di ciò basti ricordare i fatti di cronaca degli ultimi mesi che ne hanno riportato alla ribalta le gesta quando i media e i giornali hanno paragonato la capitana della nave Sea Watch, Carola Rackete, alla nota figura mitologica. Aldilà delle differenze specifiche, ogni volta che divampa il conflitto fra dovere e ribellione, fra diritto e legge morale, la storia di Antigone riemerge in tutta la sua necessarietà. «La scelta di Antigone – scrive la regista Laura Sicignano – mi appare necessaria, qui e ora: affrontare il mito di una terra – la Sicilia – che si è nutrita di grecità e che si dibatte quotidianamente tra potere, ribellione e anarchia, fiera di un’identità, frutto di una stratificazione di popoli. Per riflettere su questi temi e renderne l’universalità, miei compagni di viaggio sono un attore siciliano di tradizione classica – Sebastiano Lo Monaco – nei panni di Creonte, contrapposto ad una Antigone – Barbara Moselli – che pur provenendo da una scuola classica, si è mossa spesso nei teatri di frontiera».

ANTIGONE resta in scena al Teatro della Corte fino a domenica 2 febbraio. Inizio spettacoli ore 20.30, giovedì ore 19.30, domenica ore 16.Giovedì 30 gennaio, nel foyer del Teatro della Corte alle ore 17.30, Sebastiano Lo Monaco incontra il pubblico per il ciclo Conversazioni con i protagonisti, in collaborazione con gli Amici del Teatro Nazionale di Genova. L’ingresso è libero.

 

ANTIGONE

di Sofocle

con Sebastiano Lo Monaco,

Barbara Moselli, Lucia Cammalleri, Egle Doria, Luca Iacono, Silvio Laviano,

Simone Luglio, Franco Mirabella, Pietro Pace

scene e costumi Guido Fiorato

luci Gaetano La Mela

musiche originali eseguite dal vivo Edmondo Romano

Quartetto, che occasione a teatro

Super User 24 Gennaio 2020 843 Visite

Supersconto per andare a teatro: e gli studenti spendono ancora meno. Il Teatro Nazionale di Genova e la Fondazione Teatro Carlo Felice rinnovano la loro collaborazione con l’abbonamento congiunto Quartetto che consente di assistere a 4 spettacoli, scegliendone due dai rispettivi cartelloni, al prezzo speciale di 90 euro. I giovani fino a 26 anni hanno le stesse possibilità al costo di 60 euro.

Quartetto permette di spaziare fra il teatro classico e quello contemporaneo, il teatro danza e il melodramma, la commedia e il teatro civile passando da Giuseppe Verdi a Bertolt Brecht, da Giacomo Puccini a Italo Calvino, da Gaetano Donizetti a Henrik Ibsen.

Ci sono oltre 20 spettacoli fra cui scegliere con grandi interpreti come Umberto Orsini, Fabio Armiliato, Desirée Rancatore, Gabriele Lavia, Laura Marinoni e grandi registi quali Davide Livermore, Giuliano Montaldo, Leo Nucci, Alessandro Gassmann, Giorgio Gallione.

L’ iniziativa giunta alla sua 6° edizione conferma una volta di più il dialogo e la volontà sinergica tra due importanti istituzioni culturali genovesi.

Ecco le proposte di ciascun teatro:

Teatro Nazionale di Genova per Quartetto

Barzellette

di e con Ascanio Celestini

4-6 febbraio Teatro della Corte

Riccardo III

di William Skakespeare | regia Massimo Mesciulam

con gli attori della Scuola di Recitazione del Teatro Nazionale di Genova

5-9 febbraio Teatro Duse

I fratelli Karamazov

di Fedor Dostoevskij | regia Matteo Tarasco

con Glauco Mauri, Roberto Sturno

11-16 febbraio Teatro della Corte

L’anima buona del Sezuan

di Bertolt Brecht

regia e interpretazione Elena Bucci, Marco Sgrosso

13 – 15 febbraio Teatro Gustavo Modena

The Deep Blue Sea

di Terence Rattigan | regia Luca Zingaretti

con Luisa Ranieri

19 – 23 febbraio Teatro della Corte

Il costruttore Solness

di Henrik Ibsen | regia Alessandro Serra

con Umberto Orsini

19 – 23 febbraio Teatro Gustavo Modena

Creatura di Sabbia

di Tahar Ben Jelloun | regia Daniela Ardini

con Raffaella Azim

26 febbraio – 1° marzo Teatro Duse

Il nodo

di Johnna Adams | regia Serena Sinigaglia

con Ambra Angiolini e Ludovica Modugno

26 febbraio – 1 marzo Teatro Gustavo Modena

I promessi sposi alla prova

di Giovanni Testori | regia Andrée Ruth Shammah

con Luca Lazzareschi, Laura Marinoni

27 febbraio – 1 marzo Teatro della Corte

La prova

testo e regia Bruno Fornasari

con Tommaso Amadio, Emanuela Arrigazzi, Orsetta Borghero, Eleonora Giovardi

12 – 15 marzo Teatro Duse

Fronte del porto

di Budd Schulberg | regia Alessandro Gassmann

con Daniele Russo

18-22 marzo Teatro della Corte

John Gabriel Borkman

di Henrik Ibsen | regia Marco Sciaccaluga

con Gabriele Lavia, Laura Marinoni, Federica Di Martino

31 marzo – 5 aprile Teatro della Corte

Roger

testo e regia Umberto Marino

con Emilio Solfrizzi

1 – 5 aprile Teatro Duse

Tintarella di luna

da Italo Calvino | regia Giorgio Gallione

con Enrico Campanati, Rosanna Naddeo, Aldo Ottobrino

2 – 24 aprile Teatro Gustavo Modena

Una notte sbagliata

di e con Marco Baliani

21 – 22 aprile Teatro Duse

Alda. Diario di una diversa

da Alda Merini | regia Giorgio Gallione

con Milvia Marigliano

15 – 17 maggio Teatro Duse

  

Teatro Carlo Felice per Quartetto

Adriana Lecouvreur

di Francesco Cilea

direttore d’Orchestra Valerio Galli

regia, scene e costumi Ivan Stefanutti

giovedì 13 febbraio  ore 20, sabato 15 febbraio  ore 15

Un ballo in maschera

di Giuseppe Verdi

direttore d’Orchestra Jordi Bernacer

regia Leo Nucci

martedì 17 marzo ore 20, venerdì 20 marzo ore 20

Anna Bolena

di Gaetano Donizetti

direttore d’orchestra Andriy Yurkevich

regia Alfonso Antoniozzi

giovedì 16 aprile ore 20, sabato 18 aprile ore 15

Turandot

di Giacomo Puccini

direttore d’orchestra Dorian Wilson

regia Giuliano Montaldo

domenica 3 maggio ore 20, sabato 9 maggio ore 15

Manon Lescaut

di Giacomo Puccini

direttore d’orchestra Andrea Battistoni

regia Davide Livermore

sabato 6 giugno ore 15, mercoledì 10 giugno ore 20

Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice

Maestro del Coro, Francesco Aliberti

Maestro del Coro di Voci Bianche, Gino Tanasini

 

L’abbonamento Quartetto può essere acquistato alla biglietteria del Teatro Carlo Felice e presso le tre biglietterie del Teatro Nazionale di Genova (Teatro della Corte, Duse e Gustavo Modena).

Paolo Fizzarotti

Voci bianche al Teatro della Gioventù

Super User 22 Gennaio 2020 992 Visite

Sabato 25 gennaio, alle ore 17, il Coro di Voci Bianche e il Coro Femminile del Teatro Carlo Felice tornano ad esibirsi al Teatro della Gioventù. Il concerto, intitolato Intimo In…canto, è infatti una replica di quello tenuto il 18 gennaio scorso, accolto con successo da un pubblico attento ed emozionato all’ascolto di un repertorio corale di rara raffinatezza, che per molti ha rappresentato una scoperta.  

Il Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice, diretto da Gino Tanasini e accompagnato al pianoforte da Enrico Grillotti, apre il programma con quattro brani che mostrano come tutti i compositori, da quelli anonimi ai grandi nomi, fino agli autori di colonne sonore, siano rimasti affascinati dal timbro “bianco” delle voci dei ragazzi: Stella splendens di Anonimo del XIV secolo (brano arricchito dalla presenza di una tromba solista), Se l’aura spira di Frescobaldi, Scarborough Fair (canto tradizionale inglese) e Vois sur ton chemin di Bruno Coulais. Quest’ultimo pezzo è tratto dalla colonna sonora del film Les Choristes, piccolo cult francese del 2004 in cui far parte di un coro salva un ragazzo problematico da un destino difficile, a dimostrazione del valore sociale dell’esperienza corale. Una funzione che è tra le principali del Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice, come spiega il suo direttore, il Maestro Tanasini: «Grazie all’attività del coro, non solo i coristi ma anche le loro famiglie, hanno avuto modo di avvicinarsi e prendere confidenza con un’istituzione (il teatro lirico) spesso vista come distante se non, talvolta, completamente sconosciuta, ma che invece conserva in sé, per sua natura, la valenza di propulsore privilegiato di valori non solo culturali ed artistici ma anche sociali.»

Il Coro Femminile del Teatro Carlo Felice, diretto da Francesco Aliberti e accompagnato al pianoforte da Patrizia Priarone, è il protagonista della seconda parte del concerto, che può considerarsi un viaggio tra brani di varie epoche all’insegna di un’intimità che rivela passioni nascoste. Al centro è la figura della donna, celebrata in quanto Madre per eccellenza in pagine come Donna celeste di Francisco Soto de Langa e Salve Regina di Domenico Scarlatti, immagine di speranza in Du Friedefürst, Herr Jesu Christ di Bach, Veni Domine di Mendelssohn e Agnus Dei e Ave Verum di Fauré, e infine simbolo di delicatezza e pace domestica in Der Gärtner di Brahms e Slava narodu di Rachmaninov.

 

TEATRO DELLA GIOVENTÙ

Sabato 25 gennaio, ore 17 

Coro di Voci Bianche e Coro Femminile del Teatro Carlo Felice

Maestro del Coro di Voci Bianche Gino Tanasini

Maestro del Coro Francesco Aliberti 

Pianoforte Enrico Grillotti, Patrizia Priarone

Moni Ovadia debutta al Modena

Super User 20 Gennaio 2020 776 Visite

Moni Ovadia torna a Genova. A 25 anni dallo storico Oylem Goylem, che rivelò il talento e il magnetismo di Ovadia al teatro italiano, l’artista cosmopolita (ebreo di origini bulgare) torna a indossare i panni del narratore Simka Rabinovich, nello spettacolo DIO RIDE – Nish Koshe che va in scena al Teatro Modena da giovedì 23 gennaio (ore 19.30). Il vecchio Simka torna con qualche acciacco in più ma con lo stesso spirito indomito, la medesima graffiante ironia e porta con sé un carico di storie, di ricordi, di provocazioni e di sogni tutti nuovi: anche le canzoni sono nuove e vengono eseguite dal vivo dal fidato manipolo di musicanti meglio conosciuto come la Moni Ovadia Stage Orchestra.

La scena è chiusa da un muro che evoca i tanti muri che ancora separano terre e genti, su cui scorrono immagini del passato e del presente: l’eterno esilio, i vizi e le virtù del popolo ebraico (e del genere umano) vengono passati al setaccio in una spregiudicata alternanza fra riflessioni e storielle, testi sacri e canzoni, aneddoti e risate. L’uso della voce e la deformazione della stessa in onomatopee divertenti, trasporta il pubblico in ambientazioni lontane nel tempo ma anche sorprendentemente attuali.

Un po’ teatro civile, un po’ teatro cabaret DIO RIDE – Nish Koshe è un ibrido teatrale in cui non mancano momenti di grande lirismo in cui si evoca con forza la necessità di mantenere viva la memoria come antidoto contro fanatismo e intolleranza e di trovare il coraggio per accogliere l’altro senza inutili paure.

Lo spettacolo debutta al Teatro Gustavo Modena giovedì 23 gennaio alle ore 19.30. Le altre recite sono previste venerdì 24 e sabato 25 gennaio alle ore 20.30 e domenica 26 gennaio alle ore 16.

Venerdì 24 gennaio alle ore 17.30 presso il Teatro Gustavo Modena, Coop Liguria incontra Moni Ovadia intervistato da Laura Santini, direttrice di Mentelocale. Ingresso libero. 

Da giovedì 23 a domenica 26 gennaio 2020 Teatro Gustavo Modena

D I O   R I D E (Nish Koshe) di e con Moni Ovadia e con le musiche dal vivo della Moni Ovadia Stage Orchestra: Maurizio Dehò, Luca Garlaschelli, Albert Florian Mihai, Paolo Rocca, Marian Serban

Scene e costumi: Elisa Salvi

Luci: Cesare Agoni e Sergio Martinelli

Audio: Mauro Pagiaro

Regia: Moni Ovadia

Domenica in musica al Carlo Felice

Super User 18 Gennaio 2020 1054 Visite

Una “Domenica in musica” particolare, la prossima, n. 10 del ciclo, domenica 19 gennaio alle ore 11 nel Primo Foyer del Teatro Carlo Felice.  Non si tratta, infatti, solo di un concerto, ma di “uno spettacolo per violino, violoncello e voce recitante” (come recita il sottotitolo) in cui la musica incontra una delle scoperte più importanti e sconvolgenti della storia della scienza: la fisica quantistica. Titolo: Il quinto elemento. Protagonisti: Francesca Giordanino, violino, e Marco De Masi, violoncello, ovvero il “Duo Max Planck”, dal nome del fisico tedesco che nel 1918 vinse il Premio Nobel per la Fisica per essere stato il primo a teorizzare la trasmissione dell’energia non in forma continua, ma per pacchetti di energia finiti e discreti, i cosiddetti “quanti”. Un’ipotesi che ha cambiato per sempre la nostra concezione di ciò accade nell’infinitamente piccolo, nel misterioso mondo subatomico.

La musica, linguaggio fluttuante e inafferrabile basato su frequenze e ampiezze d’onda, è forse la forma d’arte che più si presta a una lettura “quantistica” in cui i parametri del suono entrano in collegamento con gli elementi della natura. Così Francesca Giordanino, oltre che esibirsi al violino, è anche autrice di un testo letto dall’attore Massimiliano Lotti, che ha come protagonista il Quinto Elemento, un eroe trascendente che si incarna di volta in volta nei quattro elementi che compongono il nostro mondo: aria, acqua, terra e fuoco. La musica, accompagnata da immagini evocative fisse o in movimento, segue gli interventi della voce recitante. Ed è grande musica, scelta per simboleggiare con i suoni i quattro elementi: l’Aria sulla Quarta Corda di J. S. Bach (Aria), la Sonata per violino e violoncello di Maurice Ravel (Acqua), Escualo, Oblivion, Muerte del Angel  di Astor Piazzolla (Terra), arrangiato in esclusiva da Stefano Cabrera, e la Passacaglia in sol minore su un tema di Händel di Johan Halvorsen (Fuoco). Il tutto (con la regia della stessa Giordanino, aiutata da Riccardo Memore) pensato come «un magico incontro fuori dal tempo – spiegano gli autori –, dove l’arte si sposa con l’arte per raccontare una fiaba moderna che (grazie alla sua ispirata visione alchemica) rappresenta un piccolo squarcio di luce nelle tenebre del materialismo sistemico.»

Ingresso: € 8 (intero), € 6 (ridotto under 26). Orari di biglietteria: martedì-venerdì dalle 11:00 alle 18:00, sabato dalle 11:00 alle 16:00 e un’ora prima dello spettacolo. Apertura domenicale in occasione del ciclo “Domenica in musica”: ore 10:30-11:15.

Successo per il Barbiere di Siviglia

Super User 17 Gennaio 2020 1249 Visite

Ottimo successo e tutto esaurito in sala mercoledì 15 gennaio per la attesissima Prima de “Il Barbiere di Siviglia” al Carlo Felice. Quasi inevitabile, dato che probabilmente Il Barbiere è una delle opere più amate dagli italiani e forse nel mondo. Una trama scoppiettante di intuizioni, invenzioni, trovate e colpi di scena, sorrette dalle verve musicale di un Gioacchino Rossini già al pieno della sua verve creativa e artistica a dispetto della giovanissima età (24 anni). E il pubblico da sempre (a parte il giorno della prima assoluta, nel 1816) ha dimostrato di apprezzare moltissimo: come mercoledì sera al Carlo Felice. Applausi l’altra sera alla cavatina “Ecco, ridente il cielo”, subito all’inizio. E poi durante le arie più famose fino alla celeberrima “Una voce poco fa”, con Annalisa Stroppa nel ruolo di Rosina. Applausi a scena aperta naturalmente anche al momento di “Largo al factotum”. Il capolavoro rossiniano in scena al Carlo Felice viene valorizzato ulteriormente nel suo pathos favolistico dalle scene del maestro genovese Emanuele Luzzati e dalla regia di Filippo Crivelli; non meno importanti i costumi di Santuzza Calì, messi in evidenza dalle luci di Luciano Novelli. Ottimo tutto il cast, con il direttore d’orchestra Alvise Casellati: Alessandro Luongo, Daniele Terenzi e Sundet Baigozhin (Figaro); Annalisa Stroppa e Paola Gardina (Rosina); René Barbera e Francesco Marsiglia (Il Conte di Almaviva); Paolo Bordogna e Misha Kiria (Don Bartolo); Giorgio Giuseppini e Gabriele Sagona (Don Basilio); Simona Di Capua (Berta); Roberto Maietta (Fiorello). Repliche sino al 21 gennaio.

Paolo Fizzarotti

Katharina Blum alla Corte

Super User 15 Gennaio 2020 903 Visite

Due anni dopo aver ricevuto il Nobel per la letteratura (1972) ed essere diventato una star internazionale, lo scrittore tedesco Heinrich Böll pubblica un romanzo che insieme a “Opinioni di un clown” e “Foto di gruppo con signora” rimane fra i vertici della sua produzione. L’ONORE PERDUTO DI KATHARINA BLUM che con la regia di Franco Però va in scena al Teatro della Corte dal 22 gennaio, è un raffinato giallo e un profetico atto d’accusa contro l’uso doloso dei mezzi di comunicazione che, per dirla come il linguista Noam Chomsky, sono potenti “armi di distrazione di massa”.
L’irreprensibile segretaria Katharina Blum incontra a un ballo Ludwig Götten, piccolo criminale e sospetto terrorista. Dopo aver trascorso la notte con lui e averne facilitato la fuga la donna, non del tutto consapevole della situazione, viene interrogata dalla polizia con la quale in parte collabora. Nel frattempo però, la stampa scandalistica manipola le informazioni raccolte e attiva la macchina del fango per smontare e ricostruire la vita di Katharina: una serie di articoli diffamatori e accuse senza prove, trasformano la segretaria morigerata in una donna dal torbido passato, fredda e calcolatrice, complice di un delinquente. L’opinione pubblica si solleva contro Katharina che inizia a ricevere minacce mentre i suoi parenti vengono socialmente emarginati.
Sebbene siano trascorsi più di quarant’anni dall’uscita del romanzo, colpiscono le problematiche sviscerate da Böll che considerava la cattiva informazione come un sicario del potere: l’ipocrisia imperante, la condotta spietata e i giudizi sommari della stampa, le mistificazioni sono quanto di più tristemente attuale in epoca di like e di fake news.
Eppure, anche grazie all’adattamento curato da Letizia Russo, nello spettacolo, che come il romanzo procede a ritroso nel tempo, il tema drammatico è attraversato anche da toni più lievi e brillanti.
Il regista dello spettacolo Franco Però commenta: «Siamo ormai invasi da un continuo succedersi di notizie, da giornali, web media, social, per non dire delle fake news, che colpiscono chi non ha tempo o strumenti per approfondire. Anche davanti a un semplice fatto di cronaca si continua a condannare sempre, prima di ogni verifica: questo mi ha indotto a riflettere su chi ha saputo intuire tutto ciò, analizzarlo in modo organico, raccontare di come il solo trovarsi nel luogo sbagliato con la persona sbagliata, possa innescare la gioia di un comunicatore in malafede».

L’ONORE PERDUTO DI KATHARINA BLUM resta in scena al Teatro della Corte fino a domenica 26 gennaio. Inizio spettacoli ore 20.30, giovedì ore 19.30, domenica ore 16. 

 Da mercoledì 22 a domenica 26 gennaio 2020 Teatro della Corte

L’ONORE PERDUTO DI KATHARINA BLUM 

dal romanzo di Heinrich Böll

adattamento Letizia Russo

con Elena Radonicich, Peppino Mazzotta 

Paola Bonesi, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana,

Francesco Migliaccio, Jacopo Morra

Scene Domenico Franchi

Costumi Andrea Viotti

Luci Pasqule Mari 

Regia Franco Però

Il Barbiere di Siviglia al Carlo Felice

Super User 14 Gennaio 2020 1137 Visite

Mercoledì 15 gennaio alle ore 20 torna al Teatro Carlo Felice Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Un tesoro del patrimonio operistico nazionale, che tuttavia, alla prima assoluta al Teatro Argentina di Roma, il 20 febbraio 1816, cadde clamorosamente. Subito dopo il debutto disastroso, il compositore pesarese, allora appena ventiquattrenne, scrisse alla madre: «Le meraviglie della mia opera sono state disprezzate. Pensavo che il pubblico uscisse dal teatro felice e contento. Ma così non è stato». Già a partire dalla seconda recita, però, il Barbiere iniziò a trionfare, diventando, col tempo, il simbolo stesso del Rossini comico e, forse, dell’opera buffa italiana in generale, arrivando a conquistare persino artisti e filosofi dai gusti difficili come Beethoven, Stendhal e Hegel.

Al Barbiere hanno messo mano tutti, e spesso si è trattato di una mano “pesante”, che ha calcato gli aspetti comici del libretto di Cesare Sterbini tratto dall’omonima commedia di Beaumarchais. Alla tentazione della volgarità comica a tutti i costi non hanno ceduto Filippo Crivelli, Lele Luzzati e Santuzza Calì, rispettivamente regista, scenografo e costumista dell’allestimento del Teatro San Carlo di Napoli che, datato 1998, il Teatro Carlo Felice ripropone oggi non solo perché si tratta di uno spettacolo storico, di un Barbiere “all’italiana” ormai divenuto un classico, ma anche per rendere omaggio a un grande artista genovese, Lele Luzzati, scomparso nel 2007. «Noi presentiamo – dice Crivelli – un Rossini non grottesco, divertente ma non forsennatamente divertente, dove la commedia non è farsa, dove i recitativi sono trattati e interpretati come prosa, dove gli oggetti e i mobili creati da Luzzati possono provocare situazioni paradossali ma mai inutili». Un Rossini fantasioso e colorato, a metà tra la fiaba e il libro illustrato per ragazzi, davanti al quale vengono in mente le parole con cui Giorgio Strehler ha definito lo stile di Luzzati: «Di fronte alle sue scenografie si ha quasi sempre l’impressione di finire mani, piedi e pensieri dentro un sogno».

A dirigere l’Orchestra e il Coro del Teatro Carlo Felice, preparato da Francesco Aliberti, Alvise Casellati, che per il Barbiere ha una particolare predilezione, testimoniata dai numerosi incontri avuti in questi ultimi anni con la partitura rossiniana. Protagonista, un affiatato cast di specialisti rossiniani: Alessando Luongo, Daniele Terenzi e Sundet Baigozhin (Figaro), Annalisa Stroppa e Paola Gardina (Rosina), René Barbera e Francesco Marsiglia (Il Conte di Almaviva), Paolo Bordogna e Misha Kiria (Don Bartolo), Giorgio Giuseppini e Gabriele Sagona (Don Basilio), Simona Di Capua (Berta), Roberto Maietta (Fiorello/Un Ufficiale).

Le luci sono di Luciano Novelli, il Maestro ai recitativi è Sirio Restani. Un contributo fondamentale alla ripresa dell’allestimento originale danno Marco Castagnoli (Assistente alla regia) e Paola Tosti (Assistente ai costumi). Repliche fino al 21 gennaio. 

IL BARBIERE DI SIVIGLIA

Opera buffa in due atti di Cesare Sterbini

Musica di Gioachino Rossini 

Direttore d’Orchestra: Alvise Casellati 

Regia: Filippo Crivelli 

Scene: Emanuele Luzzati 

Costumi: Santuzza Calì 

Luci: Luciano Novelli 

Assistente alla regia: Marco Castagnoli 

Assistente ai costumi: Paola Tosti 

Maestro ai recitativi: Sirio Restani 

Allestimento Teatro San Carlo di Napoli 

Personaggi e interpreti:

Figaro

Alessandro Luongo

Daniele Terenzi (16, 18)

Sundet Baigozhin (21)

Rosina

Annalisa Stroppa

Paola Gardina (16, 18, 21) 

Il Conte di Almaviva

René Barbera

Francesco Marsiglia (16, 18, 21) 

Don Bartolo

Paolo Bordogna

Misha Kiria (16, 18, 21) 

Don Basilio

Giorgio Giuseppini

Gabriele Sagona (16, 18, 21)

Berta

Simona Di Capua

Fiorello/Un Ufficiale

Roberto Maietta 

Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice

Maestro del Coro Francesco Aliberti

 

Date e turni

Gennaio 2020: mercoledì 15, ore 20:00 (A); giovedì 16, ore 20:00 (L); venerdì 17, ore 20:00 (B); sabato 18, ore 15:00 (F); domenica 19, ore 15:00 (C); martedì 21, ore 15:00 (G)

Agatha Christie a Camogli

Super User 14 Gennaio 2020 1022 Visite

Una miscela perfetta di suspense, thriller e comicità che vanta il record dello spettacolo più rappresentato nella storia del teatro. Chiusi in una locanda mentre fuori infuria la tempesta, sette bizzarri personaggi sanno che tra loro si nasconde un assassino, pronto a colpire ancora. Sullo sfondo, la ricostruzione fedele della Londra anni ’50. In primo piano - tra sguardi, gag e colpi di scena - il talento di una delle compagnie italiane più divertenti ed affiatate, di cui tutti ricordiamo Rumori fuori scena, da trent’anni in repertorio.
Dopo il clamoroso successo degli scorsi anni, la compagnia Attori & Tecnici ripropone tournée. “Quando ho letto il copione di Trappola per topi – racconta Stefano Messina - sono rimasto affascinato dalla capacità drammaturgica della scrittrice. E’ una miscela perfetta di suspense, thriller e comicità. Ho voluto ricreare il non detto e i giochi di sguardi, di cui è farcito il testo, per ricreare quell’atmosfera un po’ retrò e la tensione psicologica che cresce scena dopo scena. Mi sono imposto di non tradire la scrittrice e così ho scelto di non darne una lettura simbolica. Ho preferito il tradizionale al contemporaneo a tutti i costi. Credo, infatti, che per far funzionare questo perfetto congegno sia necessario lasciarsi trasportare dal clima, dal periodo in cui è stato scritto.” E così gli spettatori si ritrovano in una vecchia casa inglese, adattata a locanda, e sentono l’odore dei mobili, dei tappeti, del camino, lo scricchiolio delle scale di legno e il cigolio delle porte. Siamo negli anni ’50 in pieno clima londinese, quando nella locanda di Castel del Frate, i giovani albergatori Mollie e Giles Ralston affrontano una drammatica avventura assieme a cinque eccentrici clienti. Tutti sembrano avere qualcosa da nascondere, mentre un efferato omicidio compiuto a Londra sembra stranamente collegato con la locanda. Nel frattempo all’isolamento ambientale, dovuto a una bufera di neve, si aggiunge quello acustico. Le linee telefoniche s’interrompono e le strade sono bloccate. Grazie alla sua abilità di sciatore, il sergente Trotter della polizia di Scotland Yard riesce ad arrivare a Castel del Frate. Il poliziotto deve tutelare la loro incolumità e risolvere il mistero, ma il suo arrivo destabilizza tutti. Appare chiaro che tra di loro si cela l’assassino psicopatico che ha già ucciso una donna a Londra e che potrebbe colpire ancora. Ma sotto quale travestimento si maschera il colpevole? Perché l’assassino si trova proprio in quel piccolo albergo, lontano dal mondo? Toccherà al sergente Trotter individuare il misterioso omicida intenzionato a colpire ancora?

Sabato 18 gennaio ore 21
Attori & Tecnici presenta
TRAPPOLA PER TOPI di Agatha Christie. Traduzione di Edoardo Erba.

Regia di Stefano Messina

Con Claudia Crisafio, Stefano Messina, Carlo Lizzani, Annalisa Di Nola, Roberto Della Casa, Elisa Di Eusanio, Sebastiano Colla, Massimiliano Franciosa. Scene Alessandro Chiti Costumi Isabella Rizza Musiche Pino Cangialosi

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