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Riapertura, il parere dell’economista-sanitario Enrico Mazzino

Enrico Mazzino

L’infausta ipotesi, che dal 4 maggio prossimo il ‘dopo-lockdown’ dovesse riprendere senza accorgimenti di distanza sociale, già dopo una settimana, potrebbe portare ad una crescita di contagi e di ospedalizzati.

L’imperativo sarà limitare il danno, che purtroppo rischia di essere pesante. E quindi non arrivare impreparati.

Le associazioni di categoria e le Camere di commercio hanno già ipotizzato alcuni protocolli da attuare tenendo conto anche delle diverse realtà da città a città. Il primo punto sarà il distanziamento sociale.

L’altro aspetto complicato sarà quello della sanificazione di bar e ristoranti. Dovrà essere pressoché continua e si utilizzeranno soprattutto stoviglie e materiale monouso, i dipendenti dovranno avere protezioni individuali, sono tutte spese che si dovranno sostenere e non è affatto certo che ci sia convenienza, per alcune attività, ad aprire nella fase 2.

Sono state avanzate al Governo delle richieste molto precise, serve liquidità, serve denaro che le imprese non debbano restituire, serviranno risorse vere a fondo perduto per le imprese parametrate alla perdita di fatturato, moratorie sugli affitti, cancellazione dell’imposizione fiscale come IMU, TARI, affitto suolo pubblico e altre imposte fino alla fine del periodo di crisi e sospensione pagamento delle utenze, ma anche prolungamento degli ammortizzatori sociali fino alla fine della pandemia e sgravi contributivi per chi manterrà i livelli occupazionali.

Io credo si debbano fare delle riflessioni sull’oggi ma anche sul futuro prossimo!

Ecco allora che i test virologici e sierologici per determinare la presenza del virus e lo stato dell’immunità anticorpale dovranno diventare sempre più specifici e sensibili. Si stanno sperimentano altresì di continuo nuovi farmaci antivirali ed altri che bloccano la risposta iper-infiammatoria che è alla base delle più gravi complicanze polmonari Covid correlate.

Qualche settimana fa molti scienziati italiani spiegavano che tutte le nazioni europee avrebbero avuto, nessuna esclusa, una curva dei contagi e dei morti simile alla nostra. In Germania, invece, l'epidemia ha avuto una storia diversa. Se il numero accertato dei contagiati è di poco inferiore a quello italiano (181 mila contro 146 mila), il tasso di letalità del morbo tra i tedeschi è oggi fermo al 3,5 per cento, contro il 13 per cento del nostro Paese. In numeri assoluti, 24 mila morti contro 4.600. In Germania la pandemia è sotto controllo, il Fattore R0 (erre), il tasso d'infezione, è ormai sceso allo 0,7. Una delle spiegazioni è da attribuire al fatto che i tamponi in Italia, seppur in numero elevato in alcune Regioni, sono stati fatti troppo tardi e senza una ricerca dei positivi asintomatici.

Per interrompere la circolazione del virus dobbiamo scendere al di sotto di un contagiato per persona positiva. Dal punto di vista matematico sarà possibile ritenere di averla avuta vinta contro il covid-19 soltanto quando il valore dell’R0 (l’erre-zero, l’indice di contagiosità) sarà costantemente inferiore a 1. 

Enrico Mazzino
PhD Applied Economics and Quantitative Methods in Health Sector
Economista sanitario/Farmacoeconomista
Docente Università di Genova

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