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Shoah, il dovere della memoria e l'umanità perduta

Gian Luca Buccilli

Fare memoria della Shoah consiste nel ricordare la persecuzione fino alla morte di sei milioni di persone perché ebrei e nel dare voce al bisogno che si ha di rendere omaggio alle vittime. 

Lo sterminio del popolo ebraico da parte dei nazisti ha in sé caratteristiche che hanno portato gli storici a parlare di unicità della Shoah.

La pianificazione scientifica dello sterminio; la creazione di un’industria sistematica della morte, coadiuvata dall'utilizzo delle tecnologie più avanzate dell’epoca e da una perfetta macchina burocratica; la presenza di un "razzismo biologico" e di un’ideologia antisemita che teorizzavano sia l’esistenza di una razza ebraica da sterminare in quanto considerata inferiore, sia la negazione del valore dell’individuo; un massacro di massa fine a sé stesso, non legato alle dinamiche della guerra (al contrario, le deportazioni sottraevano forze dai vari fronti bellici), attuato in maniera intenzionale e senza nessuna eccezione di donne e bambini.

Sono queste le caratteristiche che dopo la Shoah hanno portato a un radicale cambiamento del concetto di distruzione, riconoscendo in Auschwitz e nelle camere a gas il simbolo del Male assoluto nel mondo e il termine di paragone della sofferenza umana.

Ricordare e rimarcare la peculiarità di questa tragedia costituisce uno degli elementi basilari per la conoscenza dei fatti storici e non certo l’appropriazione di un macabro primato rispetto ad altri genocidi avvenuti nel corso dei secoli (in Armenia, Cambogia, Ruanda, Burundi, a Sebrenica).

Fare memoria della Shoah porta a esecrare gli artefici di tale perversa ideologia insieme agli esecutori materiali dei crimini, ma anche a tenere presente che vi è stato un silenzio assordante e complice di quanti (tanti, troppi) nella Germania nazista e in Europa hanno preferito non vedere.

Persone che hanno anche applaudito a chi assicurava loro di essere migliori perché ariani, trovando ciò rassicurante, appagante, persino conveniente.

Non dobbiamo sottrarci dal dovere di ricordare questa pagina della storia, nella quale hanno trovato spaziò ignoranza, egoismo, pregiudizio, disprezzo, denigrazione, odio, violenza omicida.

Va perpetuata nella memoria collettiva per onorare coloro che ne furono vittime, ma anche per evocare tanto la responsabilità dolosa degli autori di tale ferocia criminale quanto la colpa grave di coloro che ne furono complici.

Quando si ripetono episodi di squallido antisemitismo e più in generale di razzismo, quando viene evocata la paura dell’altro perché è facile e consolatorio costruire capri espiatori per i nostri problemi, il rischio concreto è che si ripropongano gli stessi meccanismi deviati della psiche che hanno ispirato l'immane tragedia dell'Olocausto, pur senza assumerne le caratteristiche.

La memoria della Shoah pone il tema del valore dell'individuo e della dignità umana negata a persone senza colpa, vessate ed uccise solo perché appartenenti al popolo ebraico.

Quella stessa dignità umana che è oggi negata ai migranti in fuga da guerre e povertà, ad altri detenuti nei campi di concentramento e tortura in Libia o stipati sui barconi nel Mediterraneo, ai profughi che percorrono "la rotta balcanica", alle donne in Afghanistan e in Iran. 

L'unicità della Shoah è una verità storica e un principio irrinunciabile.

Farne memoria è quindi un obbligo morale in sé ma può rappresentare anche un antidoto e lo strumento di contrasto per ritrovare l’umanità, laddove è perduta.

Gian Luca Buccilli
Capogruppo di Civica in Comune a Recco

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