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Supermarta rottamata

Ormai non ci sono più dubbi: Marta Vincenzi è stata rottamata. Per il Partito Democratico non esiste più.

Al Festival del PD non le hanno trovato posto nemmeno in un dibattito. Come non esistesse.

Eppure era considerata un fiore all'occhiello del partito. Aveva lasciato il mondo della scuola per quello della politica. Dove era diventata un numero uno. Due volte Presidente della Provincia. Il Parlamento Europeo. Infine Palazzo Tursi. Prima donna a diventare sindaco di Genova, Fiera  della sua femminilità firmava i documenti come: la sindaca.

Per diventare First Lady aveva lasciato il Parlamento Europeo. Quando era stata candidata pochi pensavano che potesse farcela. Troppo piccola la Liguria per competere con il Piemonte e soprattutto la Lombardia. Ma la Vincenzi aveva raccolto voti anche nelle altre regioni. E con 150.000 preferenze aveva meritato un seggio a Strasburgo. Una grande impresa, indubbiamente.

Marta però è fiera di essere rimasta una provinciale, la ragazza di Rivarolo. Anche il suo look era rimasto di periferia. E certi tagli di capelli avevano lasciato perplessi, sarebbero andati bene per una ragazzina, non per una matura signora.

Sempre coerente con le scelte del partito, dal PCI al PD, con le varie tappe intermedie (Ulivo, DS)  anche se fin dai tempi del marxismo ha sempre sfoggiato una certa indipendenza, non ha mai portato il cervello all'ammasso.

La figlia Malvina è andata a studiare a Firenze e poi a lavorare a Londra. A Genova si è interessata del Carlo Felice. Il marito Bruno Marchese è sempre stato lasciato fuori dai centri di potere, anche se vi ci sarebbe infilato volentieri.

Certo con il suo carattere si era fatta più nemici che amici. Anche perché di solito guardava gli altri con una certa aria di superiorità. Ma tutti le riconoscevano grinta e capacità. Non a caso era diventata la Supermarta.

Poi qualche errore l'ha fatto, non ha indovinato tutte le scelte. Stefano Francesca, il suo pupillo, è poi diventato una pecora nera. Ma gli errori decisivi sono stati quelli del suo staff. Così anche lei è stata travolta dal rio Fereggiano, si è fidata delle persone sbagliate, ha fatto quello che le dicevano di fare.

La verità è ancora lontana. Non è stata condannata e non si sa nemmeno se sarà rinviata a giudizio. Non meritava quindi di essere messa alla gogna. Che il partito l'abbia già rottamata, invece di darle un incarico di prestigio, è una punizione che non meritava. Se non altro per il suo passato. Il rio Fereggiano non può cancellare tutto.

Elio Domeniconi

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