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Biasotti e la giustizia italiana

Sandro Biasotti

I giuristi insegnano che i provvedimenti dei giudici non si commentano, si accettano e basta.

Si contestano solo con il codice di procedura penale.
Il giudice dovrebbe avere un nome solo in base alla funzione. Gip, gup, pm e compagnia bella. In ogni settore, chi sbaglia paga. Ma per i giudici non è così. Se un giudice manda in carcere un innocente, c'è il risarcimento. Ma lo paga lo Stato, non chi ha commesso l'errore. In ogni aula dei palazzi di Giustizia c'è scritto: la legge è uguale per tutti. E dovrebbe essere così, altrimenti crolla tutto.
Purtroppo ogni giorno assistiamo a episodi che costringono a dubitare che sia davvero così. Tante decisioni hanno il sospetto che dietro ci sia la politica. Avendo studiato giurisprudenza e con maestri del calibro di Conso, Vassalli, D'Angelo, Lucifredi, ecc., non posso accettare questa interpretazione. Ma l'esperienza di cronista mi ha dimostrato tante volte che una cosa è il diritto che si insegna all'università, un altro è il diritto che si applica nei tribunali.
Pigliamo il caso che vede protagonista l'onorevole Sandro Biasotti. Ieri mattina il "Secolo XIX" annuncia che sarà il nuovo presidente del porto che c'è l'accordo Governo-Regione. E nel primo pomeriggio la Procura della Repubblica annuncia che sono terminate le indagini sulle "spese pazze" in Regione e che a Biasotti (come pure a Francesco Bruzzone e a Tirreno Bianchi) è stato spedito un avviso di garanzia. L'accusa è grave: peculato.
Il fatto risale al 2008. Biasotti aveva già spiegato tutto alla Corte dei Conti. Poi i giudici amministrativi avevano passato il fascicolo a quelli del penale. Che ora (finalmente) hanno terminato le indagini.
Sempre i giuristi insegnano che tutto finirà in una bolla di sapone. Perché questi reati si prescrivono in 10 anni. E se in 8 anni si è arrivati solo all'avviso di garanzia è impensabile che nei due anni che restano si possa svolgere tutto l'iter: rinvio a giudizio, primo grado, appello, cassazione (e sino al giudizio definitivo c'è la presunzione di innocenza).
Per carità: i giudici non devono fermarsi pensando che tutto il loro lavoro sarà vanificato dalla prescrizione. Hanno il diritto-dovere di andare avanti come se niente fosse. Però un cittadino normale si chiede: se questi sono i tempi della giustizia italiana, si può parlare ancora di giustizia?
Un'altra considerazione è d'obbligo. Biasotti è stato messo sullo stesso piano di chi ha ordinato ostriche e champagne con i soldi dei contribuenti. Non sono un giudice e quindi non posso dire se Biasotti poteva chiedere la consulenza per cambiare nome al gruppo o ordinare quel contratto. Questo lo stabiliranno i magistrati. Però è indubbio che si trattava di attività legate alla politica. Non ci sono state abbuffate. Quando Biasotti ha organizzato ricevimenti, se li è sempre pagati di tasca sua.
E allora perché tutto questo can-can nell'imminenza della sua nomina (già concertata a livello politico) a presidenza dell'Autorità Portuale?
I giuristi spiegheranno che la dietrologia è vietata. Ma al comune cittadino che non ha studiato in quella che viene definita "la culla del diritto" il dubbio resta.

Elio Domeniconi

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